E con questo, abbiamo chiuso un cerchio. L’abbiamo chiuso con un discreto ritardo di un paio d’anni ma, in tutta onestà, la cosa non mi preoccupa per niente. Dopotutto: che fretta avevo? Nessuna: questo è il bello di scrivere quando voglio, come voglio e dove voglio. E naturalmente… quel che voglio.
Rovistando su questo “blogghettino del caxxo”, giusto per scimmiottare il personaggio citato nel titolo di questo post, ci si può imbattere in certe storie strane. Le storie di Emme, appunto.
Probabilmente niente di eclatante, né di entusiasmante ma, per quel che mi riguarda, qualcosa di assolutamente originale. Qualcosa di assolutamente “vero”.
Ma quale cerchio abbiamo chiuso, esattamente?
Chi è Emme?
Prima di parlare di cerchi magici, forse è bene dire chi è Emme (o M***, o Emme.Di.Ti., se preferite).
Emme è stato la mia fonte di ispirazione per alcune storie e il suo non-esordio è avvenuto qui, con la brocca di Emmaus. Lui è uno psicologo (“non sono esattamente uno psicologo”, dirà sicuramente…), anzi, uno psichiatra (“non sono nemmeno uno psichiatra”: già lo sento che dirà anche così…).
Insomma: è uno strizzacervelli.
E me ne ha raccontate tante. Ovviamente, preservando nella maniera più assoluta la privacy dei suoi pazienti.
A quei tempi (e parliamo di quasi dieci anni fa…), può sembrare strano, persino lui aveva dubbi su alcune vicende.
E persino lui, mi diverte dirlo così apertamente, si è sdraiato spesso per raccontarmele: non sul lettino del suo studio, ma sul divano di casa mia. A volte davanti a una birretta, altre volte davanti a una pizza, altre volte in occasione di una grigliata. Sì, insomma: oltre che buoni amici, siamo anche buone forchette di vecchia data.
Perchè Emme?
Perché la privacy per la sua professione, è una sorta di sancta sanctorum inviolabile: nelle sue storie, non è possibile risalire ai suoi pazienti di cui nemmeno io conosco le reali identità. E, di conseguenza, non è neanche possibile risalire alla sua identità. Patti chiari, amicizia lunga.
Quindi, per inciso, non darei nemmeno per scontato che “MdT” siano esattamente le iniziali del suo nome e cognome: “sapevatelo”. Posso solo permettermi di allegare l’unica foto che ci ritrae in una gita che abbiamo fatto fuori città tempo addietro ;-).
E cos’ha raccontato Emme?
Ha raccontato un po’ di storie. E io, dopo aver lavorato di fantasia per reinventare nomi dove vi erano solo le iniziali, arrabattare riferimenti, mescolare date, eccetera, ne ho prese alcune – non tutte – e le ho trascritte. E, come dicevo all’inizio, ecco qui, raccolte in un unico post, tutte le storie comparse su questo “blogghettino del caxxo”.
Tutto questo per dire cosa?
Sono quasi due anni che non scrivo nulla di Emme su questo mio blogghettino, gli stessi due anni di cui parlavo all’inizio. E in tutto in questo tempo ci siamo raccontati tante altre cose: discussioni, ipotesi, aneddoti, riflessioni. Per la gran parte si è trattato delle solite cose che “noi umani non possiamo neanche immaginare”. Che ve lo dico a fa’?
Ma per una piccola parte no: ecco infatti un paio di curiosi raccontini.
Una pianista nella notte | Il tizio insonne |
C’è solo un piccolo dettaglio: i due raccontini qui sopra si possono leggere in questa modestissima raccolta di racconti disponibile su Amazon.
Ebbene sì: alla fine ce l’ho fatta a convincere Emme.
Il quale ha formulato subito una frase di fervido incoraggiamento: “Ma chi vuoi che lo legga?”
Post Scriptum (un paio di mesi prima)
Emme: “L’hai pubblicato o no?”
Io: “Non ancora. Lo devo rileggere, ho trovato un paio di errori di battitura…”
Emme: “Lasciali. Almeno si capisce che non è scritto con l’AI…”
Diavolo d’un Emme.
Se quello dell’errore di battitura dovesse essere l’unico criterio per distinguere un ‘vero’ Autore da uno costruito a tavolino, la categoria degli scrittori è bella che spacciata, può cominciare a suonare le campane a morto del proprio funerale.. Come quella dei giornalisti d’altronde, che già si agitano (se ti sono sfuggite alcune rivendicazioni di un recente sciopero), per denunciare magagne che il mondo del lavoro subisce da decenni, e che loro, in barba a qualunque modello deontologico, hanno sempre ignorato o celato dietro la maschera della ‘ragion di stato’. Ora tocca a loro! e non so quanti si preoccuperanno della loro firma autografa sul codino degli articoli. Moriranno nel silenzio che hanno praticato incessantemente e vigliaccamente, da buoni cortigiani. Da quando ho sentito parlare con sempre maggior insistenza della AI (cioè da qualche anno) ho cominciato a porre una questione urgente: come definire la qualità di un’opera d’arte. L’ho fatto anche qui da te, Darius, diverse volte, così come in altre sedi. A dirla tutta, non ho riscosso tante attenzioni. Lo so, lo so. Tuttavia ritengo che la partita non sia ancora chiusa. Attendo di vedere se i creativi della letteratura cominceranno a riflettere seriamente su una tal, drammatica deriva. Non mi sembra di aver scorto segnali incoraggianti, ma stavolta è in gioco qualcosa di veramente grosso; confido nell’istinto di sopravvivenza della specie. stavolta se non si comprenderanno in fretta una serie di implicazioni legate all’evoluzione del sistema , si uscirà di scena rapidamente e senza troppi scossoni. I giornalisti l’hanno compreso in ritardo e non credo possano farci più niente niente se a breve , come categoria reale, scompariranno letteralmente dalla carta stampata, che è come dire ‘dalla faccia della terra’ , per non dire dal mondo dell’informazione. Quella , invece rimarrà ancora al suo posto, apparentemente intatta e più necessaria che mai, a sostenere il passo sghembo delle ‘democrazie’ derelitte e claudicanti.
Quello dell’errore di battitura in realtà era una battuta di Emme. E neanche tanto originale. Naturalmente sono più che convinto che anche l’AI faccia errori e non solo di battitura. Di recente ho provato a fare uno scambio in merito a un romanzo che avevo appena finito di leggere e dalle risposte che ho avuto sono emerse lacune e amenità di vario genere.
Cose ben peggiori di un errore di battitura.
Quanto ai giornalisti, in tutta onestà, mi cogli piuttosto impreparato: reputo che la categoria si sia “estinta” già da parecchi anni. E non serviva certo l’avvento dell’AI per rendere evidente la cosa. Se dovessi dirla in altre parole, non esistono più i giornalisti di una volta. Ne rimangono giusto un paio, degni di questo nome. O poco più. E questo è il motivo per cui non leggo più quotidiani da un sacco di tempo.
Un saluto a Emme
Leggendo il titolo “Un saluto a Emme” mi ero preoccupata… Poi, dal tono iniziale del post ho capito che potevo rilassarmi. Alla fine, ho accolto con entusiasmo la notizia. E dunque saluti e baci a tutti e due. Vado a ordinare il libro, perché un Emme in libreria, vuoi mettere?
Tranquilla: non ce ne libereremo facilmente…