Passare del tempo con Emme, in un modo o nell’altro, è sempre divertente. Non sempre ha delle storie da raccontarmi, sia perché realmente non ne ha, sia perché alcune non si prestano affatto per la nostra strampalata non-rubrica. Dopo aver letto il mio ultimo post, si è fatto una grassa risata quando è arrivato alla foto che ho messo di Watson, chiaramente tratta dalla più recente trasposizione cinematografica.
“Hai mai letto Conan Doyle?” chiedo.
“No” mi risponde. Ma si contraddice subito con un ghigno neanche troppo celato dicendo che non è un cocainomane. Me lo dice senza guardarmi in faccia perché sta spulciando la corrispondenza che gli si è accumulata nell’ultima settimana. Siamo infatti a casa sua, nel suo studiolo, mentre aspettiamo la solita ora tarda per uscire con gli altri. Avendo l’auto in panne, mi ha chiesto di passare a prenderlo.
“Bravo. Se sai che Sherlock Holmes ogni tanto si faceva una dose vuol dire che hai letto qualcosa…” dico.
“…oppure che l’ho visto al cinema” mi risponde di rimando, scartabellando.
Neanche il tempo di ribattere e mi lancia una busta che io prendo al volo.
“Aprila” mi dice “È roba per te.”
Lo guardo ma lui mi strizza solo l’occhio e si concentra su una rivista dal titolo improbabile che solo gli strizzacervelli possono apprezzare.
Guardo la busta, che appare corposa. E la guardo avanti e dietro per capire di cosa si tratta. Ma vedo solo la provenienza. Isole Vergini Britanniche.
Chiaramente non era indirizzata a me ma a Emme. Tuttavia la osservo senza fare domande. Dal modo in cui la tratta si direbbe che non sia interessato e che, dunque, ne conosca già il contenuto. Senza farmelo dire due volte, la apro aspettandomi un qualcosa di vagamente turistico, pubblicità o cose così. Ne esce un malloppino di fogli piegati con cura, redatti su carta intestata e scritti in inglese. Da una prima occhiata, vedo una specie di invito, seguito da vari depliant e da quello che sembra essere un modulo di adesione corredato da un programma di incontri. Tutto quanto riferito a una società dal nome piuttosto ampolloso e quantomeno sibillino.
“Real History Foundation?”

Emme annuisce con una lieve alzata di sopracciglio. Sottolinea tutto il suo disinteresse rimanendo concentrato sulla sua rivista.
Torno ai miei fogli e riprendo a leggere con attenzione, se non altro per capire il motivo per cui me l’ha fatta aprire dicendo che è roba per me. Suonava un po’ come una presa per il c*lo, a dire il vero. Non avendo nulla di meglio da fare per ingannare l’attesa, decido però di stare al gioco. Mi bastano due fogli per capire che quella società – o meglio: quella fondazione – svolge una serie di attività legate apertamente all’ipnosi regressiva. Ma quando comincio a credere di averci capito qualcosa, mi stupisco nel vedere una proposta di viaggio all’isola di Sant’Elena organizzato in seguito al re-incontro – non saprei come tradurre meglio il virgolettato “re-meeting” – con, udite, udite, Napoleone Bonaparte.
A quel punto guardo Emme con un misto di disappunto e divertimento.

Notando il mio sguardo fisso su di sé, distoglie l’attenzione dalla sua lettura e mi guarda con fare interrogativo.
“Ti sembra troppo?” mi chiede.
“Decisamente, direi.”
“È quello che penso anch’io” aggiunge. “Diciamo che se avessi un milione e mezzo di euro, ho giusto una dozzina di idee su come impiegarli meglio.”
“Un milione e mezzo?”
“Non hai visto il modulo di adesione?”
Rileggo con attenzione l’ultimo foglio e mi accorgo che il modulo è concluso da un fitto riquadro di indicazioni e numeri che, solo in quel momento, interpreto come probabili coordinate bancarie. Nel mezzo, una riga con la somma indicata: 1.520.000, seguito da qualche spicciolo dettagliato in voci secondarie.
Ricompatto i fogli pieno di dubbi e li ripongo sulla scrivania di Emme.
“In realtà mi riferivo a Napoleone” riprendo. “Ho capito bene? Questi fanno ipnosi regressive per… No. Credo di non aver capito bene. L’unica cosa che ho capito è che questi tizi si occupano di ipnosi regressiva, che ti invitano a sottoscrivere la loro fondazione chiedendoti, vedo, la modesta quota di un milione e mezzo di dollari. Tutto il resto non l’ho capito…”
Emme chiude la sua rivista guardando l’orologio.
“…e ho capito anche che tutto ciò, probabilmente, non ti interessa” aggiungo.

“Esatto, sull’ultimo punto hai ragione: non sono interessato. Questi tizi raccattano indirizzi dai convegni in giro per il mondo e mandano saltuariamente la loro corrispondenza.”
“Ma di cosa si occupano, esattamente?” chiedo.
“Per dirla brutalmente, sintetizzando uno dei loro slogan, si propongono di indagare la storia in maniera… alternativa” risponde sottolineando quell’ultima parola con enfasi.
“Real History Foundation” rammento. “E in che modo? Con l’ipnosi regressiva? E come?”
“Diciamo che nel loro immaginario credono fortemente nella reincarnazione. Di chi parlano stavolta?” mi chiede accennando alla busta. Allunga la mano e sfoglia il depliant. “Napoleone! Addirittura!”
Comincio a mettere insieme i pezzi. Napoleone, isola di Sant’Elena, ipnosi regressiva, reincarnazione. E poi quella parola: re-meeting.
“Mi stai dicendo che…?” cambio posizione sulla sedia in attesa che sia Emme a concludere la frase per assicurarmi di aver capito bene.
“Il teorema di questi tizi è semplice, quasi elementare: loro partono dal fatto che la reincarnazione sia un dato di fatto. Esempio: Napoleone. Sì, è morto sull’isola di Sant’Elena. Ma si è reincarnato. Una, due, tre, enne volte. Quindi è ancora tra noi. Bisogna solo trovarlo. E loro puntano a farlo con l’ipnosi regressiva. Una volta trovata la persona, sempre attraverso l’ipnosi regressiva, si fanno raccontare come sono andate realmente certe vicende. Non so, come posso dire? La storia ci ha lasciato qualche interrogativo sulla battaglia di Waterloo? Su come si siano realmente svolti certi fatti che ne hanno determinato le sorti? Sul perché Napoleone l’ha persa e come? Se lo fanno raccontare direttamente da lui, rintracciando il tizio in cui si è reincarnato. E raccolgono tutti i dettagli che ci mancano. Da qui il nome di Real History.”
Non posso negare di essere molto affascinato da questa prospettiva.
Elementare, forse pure geniale. O folle.

“Ma è ridicolo!” sbotto.
Emme fa spallucce. Non so se per il fatto che si sia abituato ai vaneggiamenti di quei mitomani oppure…
“Oppure mi stai dicendo che ci credi?” chiedo incredulo.
Emme inarca le labbra in un’espressione quasi possibilista.
“Dai, non ci posso credere! Credi che sia possibile una cosa del genere?” dico divertito.
“Diciamo che il modo in cui applicano loro l’ipnosi regressiva è decisamente lontana dai canoni. Già l’ipnosi regressiva, in sé, non è riconosciuta dal mondo accademico. Ma questo lo sai, ne abbiamo già parlato tante volte.”
“Certo. La scienza, appunto. La scienza cosa dice? O meglio: facciamo finta per un attimo che tutto ciò sia vero, intendo dire le teorie di quella fondazione. Come fanno a stabilirlo scientificamente? Voglio dire: ci vogliono delle prove, delle prove inconfutabili, misurabili, replicabili. Il metodo scientifico, che facciamo? Lo buttiamo nel cesso?”
Emme si appoggia allo schienale della poltrona e, imperturbabile, unisce la punta delle dita appoggiando i gomiti sui braccioli.
“No, un vero uomo di scienza, quale sono io” riprende divertito “deve sapere quando è possibile applicare il metodo scientifico. E deve avere l’apertura mentale necessaria per capire che la scienza non può esplorare tutto ciò che esiste. Tu pensi che sia legittimato tutto ciò che è possibile provare scientificamente. Tutto il resto, ovvero tutto ciò che non è osservabile, replicabile, meglio ancora: misurabile! Tutto ciò è fuffa, aria fritta… Dico bene?”
Lo guardo stupito. Ha voglia di scherzare. Passano così una manciata di secondi in cui quelle ultime frasi rimangono come sospese in aria. Ma conosco Emme. E mi aspetto una stilettata delle sue, una di quelle affermazioni tipiche del suo campo a cui io non ho modo di replicare.
“Tu ami tua moglie?”
Lo guardo stranito. Non è esattamente la domanda che mi aspetto.
“Quanto la ami?” mi chiede. “Tanto o poco? Tanto, da quel che so. Ma tanto quanto? E cos’è, esattamente, l’amore? Un sentimento, mi dirai. Certo. Ma fisicamente cos’è? Lo possiamo osservare? Lo possiamo misurare?”
Alzo le mani in segno di resa.
“No, non possiamo osservarlo. Con ogni probabilità fisicamente è un insieme di molecole, di reazioni chimiche che accadono nel nostro cervello. Ma non è possibile individuare con precisione quali molecole entrano in gioco, non è possibile misurarne gli effetti della reazione.”
“Ok, hai vinto.”
“Però” prosegue imperterrito “Secondo la scienza, o meglio, secondo coloro che la pensano come te, l’amore non dovrebbe esistere perché non lo possiamo misurare, replicare, osservare. Però c’è, esiste, lo sentiamo, lo proviamo.”
“Va bene, mi arrendo!”
“Ed è la forza che muove il mondo” continua divertito. “Tutto ciò che facciamo, lo facciamo per amore.”
“Basta! Non è ora di andare?”

Ci alziamo, pronti per uscire.
“Dunque che fai?” mi chiede Emme raccogliendo la busta della Real History “Ti interessa o la butto?”
La riguardo, ricordando che tutta quella discussione è nata come se fosse roba per me. La prendo con poca convinzione.
“Pensavo ci potessi trarre qualche trama interessante…” aggiunge.
“Difficile. Vedi anche tu come la realtà superi la fantasia… Solo una cosa non capisco. Perché un milione e mezzo per aderire alla fondazione?”
“Non lo so, non mi sono mai preso la briga di approfondire la cosa. Io mi fermo al fatto che applicano l’ipnosi in modo poco scientifico…”
Mi fermo sul pianerottolo e lo guardo di traverso.
“Fammi capire. Hai appena finito di rompermi i maroni con il metodo scientifico, con il fatto che non sempre si può usare, che un sacco di cose esistono anche se non si possono indagare scientificamente, e tutto quel discorso sull’amore… E poi? Mi esci così, con questa battuta??”
Emme ride divertito. “Cinquanta sfumature” mi dice.
“Cinquanta sfumature di caxxate!”
“A parte gli scherzi. Credo che tengano una cifra di adesione così folle proprio per evitare che qualunque psicoterapeuta possa decidere di aderire con troppa facilità. Fanno i preziosi, diciamo. Vogliono far passare il messaggio del tipo ‘Pochi ma convinti’. E poi il messaggio del tipo ‘Scopriamo un sacco di cose così interessanti che, se vuoi conoscerle, devi pagare, e pagare caro’. Non so, però, sono mie impressioni…”
“Ma quanto guadagnate voi strizzacervelli?”
“Poco, sempre poco.”
“E quanti pensi che siano nel mondo?” chiedo. “Intendo dire gli strizzacervelli che si possono permettere una somma del genere.”
“Pochi. Ma credo che faccia parte di una sorta di meccanismo di marketing. Se uno strizzacervelli vuole entrare nella fondazione a tutti i costi ma non ha il grano, che fa? Cerca sponsor. Vale a dire persone facoltose, che a loro volta vengono a conoscenza della fondazione, e che, indirettamente, pagano per conoscere i segreti della storia. Ma le mie sono solo illazioni. In realtà mi sembra tutto molto losco.”
“Losco?”
“Certo. Ti sembra un caso che abbiano la sede nelle Isole Vergini Britanniche? Mi pare sia un paradiso fiscale, non ricordo ora. O comunque sono circondati dai paradisi fiscali dei Caraibi. E poi non hai notato che non hanno un sito internet?”
No, non l’avevo notato.
“Non solo non hanno un sito internet. Ma non compaiono in nessuno modo sul web. Quando hai un attimo, provaci. Facendo qualsiasi ricerca sulla fondazione, usando parole chiave molto puntuali, non troverai nulla. Ti sembra possibile? Tutto il mondo paga fior di quattrini per essere nei primi posti sui motori di ricerca. Loro, invece? No. Pagano fior di quattrini per non comparire. Tu che sei del mestiere sai benissimo cosa vuol dire non comparire sul web. Non farsi trovare su internet è forse più difficile che comparire nella prima pagina dei risultati. E in quest’era digitale, se non si trova qualcosa su Google, si tende a pensare che questo qualcosa non esista.”

Usciamo e l’aria gelida della sera investe i miei ultimi pensieri. Una fondazione che si propone di indagare la storia, di cercare la verità. Una fondazione che però, in un certo senso, non vuole esistere.
Si può costruire una qualche trama di fantasia, o di pura cronaca, su un simile – casuale? – controsenso?
Darius Tred - Tutti i racconti Darius Tred - Offrimi un caffé

6 commenti su “La vera storia

  1. In tutto questo io penso: “E come si configurano i fantasmi? Si sono persi la reincarnazione? E i viaggiatori del tempo? Non rischiano di incontrare sé stessi nelle vite precedenti?”
    Si rischia di far ancora più confusione senza il rigoroso metodo scientifico! 😀

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    1. Domande interessanti. Me le appunto per il prossimo giro di birretta. A dire il vero ci avevo già provato ma il discorso è scivolato via su altri argomenti. Mi farò sotto di nuovo.

      Vediamo se il mio brillante strizzacervelli mi tira fuori qualche bel coniglietto pasquale dal cilindro… 😀

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  2. Omeopatia delle anime

    Fammi capire, va, che io sono tardo. Lasciamo stare il fatto che, tornando indietro, sarei curioso di capire chi possa avere l’anima di “qualcuno” molto più indietro nel tempo, tipo Lucy l’australopiteco. Forse, e dico forse, Salvini. Per non arretrare ancora e arrivare a qualche sinapside del Permiano (mi rifiuto di trovare un politico, per questo; però qualche nome potrei farmelo venire in mente). Ma torniamo a noi: l’uomo, intendo l’homo sapiens sapiens, è passato per un collo di bottiglia nel Tardo Pleistocene, e per questo siamo tutti figli di un unico Adamo cromosomiale-Y e di un’unica Eva mitocondriale. Anche se i suddetti non erano coetanei, anzi mi pare che ci fosse un buon cinquantamila anni tra l’uno e l’altra, rendendo assai difficile una copula.
    Dunque, siamo figli di quegli unici due. Ergo, se le anime si reincarnano, ce ne dovrebbero essere solo due, in giro; il problema maggiore della teoria delle reincarnazione è che la popolazione mondiale sta crescendo in proporzione geometrica e le anime “vecchie” sono subissate numericamente dalla gente nuova. Al tempo di Gesù Cristo c’erano circa 200milioni di poveri cristi e adesso siamo più di 7 miliardi. Anche al tempo di Napoleone i poveri cristi al mondo erano solo 800 milioni.
    In conclusione: gli amici della “vera storia” farebbero bene a investire quel milione e mezzo in corsi di matematica e statistica 😛

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    1. Gli amici della vera storia, ammesso che esistano veramente (si direbbe di sì), farebbero bene a investire le loro milionate in altro, non solo in matematica e statistica. Dall’idea che mi son fatto (mia e di Emme), quella fondazione (che poi, la parola “fondazione” sembra evocare chissà quale organizzazione, ma magari sono in quattro gatti) è molto più che farlocca. Neanche buona per cavarci trame decenti. Con quest’ultimo pensiero, mi rammarico di aver buttato via il malloppino di carta. Buttato senza remore nella differenziata, forse subito il giorno dopo. Ci avremmo potuto fare sopra qualche risata in più.

      Comunque, non è necessario andare fino ai Caraibi per trovare persone dotate di microcefalo: basterebbe riguardare i simboli dei partiti che si sono presentati alle elezioni… 😀 Almeno i tizi della vera storia potremmo catalogarli come buontemponi che, vaneggiamenti a parte, male non fanno.

      Gli altri temi “numerici” che hai citato sono invece temi curiosi da approfondire. Non mancherò di girare la palla a Emme, anche se discorsi simili, così a memoria, li abbiamo già toccati tra una birretta e l’altra. Prenderò l’occasione per rinfrescarmi la memoria su concetti in merito, anche se non potrò garantire la credibilità. 😛

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  3. Darius, ascolta quello che ti dice sta donna: mister Emme è uno di loro! ???? shhh, parla piano che non si sa mai: questo è un complotto, fidati! E Napoleone è lui, glielo hanno rivelato nell’ultima seduta. Adesso depista perché non vuole svelare i trucchetti di Waterloo. Altroché Isole Vergini Britanniche! Questi si riuniscono nell’isola di Sant’Elena. Scappa! Emme vuole farti regredire, ti vuole portare nella sua epoca… e metti che scopri di essere stato il duca di Wellington? Napoleone è tornato per sconfiggere il suo nemico. Darius, scappaaaa.

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