Un tempo seguivo le partite di calcio in tv ascoltando la telecronaca. Erano tempi in cui trovavo i telecronisti brillanti: sapevano vivacizzare a dovere, rendendo la serata un filo più avvincente. Oggi non capita più: sia perché seguo molto meno il calcio, sia perché le telecronache sono fatte in coppia con i commentatori tecnici. Quelli che, in buona sostanza, dovrebbero dare pareri più “professionali” sulle azioni di gioco ma che, il più delle volte, sparano caxxate.

E così, quelle poche volte che mi concedo di seguire una partita di calcio, tengo il volume bassissimo, ormai sicuro di non perdermi nulla di quello che dicono i telecronisti. Ma bando alle ciance. Ai bei tempi andati, quando seguivo le telecronache, c’erano alcune frasi che trovavo molto azzeccate. Chi non ricorda il “grappolo di uomini” del grande Bruno Pizzul ? Ogni volta che vedo un cross e tre o quattro giocatori che saltano per cercare di colpire la palla di testa, penso sempre al suo grappolo di uomini. Grande Bruno.

Un’altra locuzione che ho sempre trovato molto azzeccata, era questa: “Buona l’intenzione, pessima l’esecuzione”. Credo l’abbia coniata Sandro Piccinini, ma non ne sono sicuro. La sentivo ogni volta che in un’azione di gioco, qualche giocatore tentava una giocata intuibile: ci si aspettava che la palla andasse di là e invece andava di qua, oppure alle stelle. Insomma, alla buona intenzione del giocatore aveva fatto seguito una pessima esecuzione.

Pessima l’esecuzione

Questa frase, “buona l’intenzione, pessima l’esecuzione” mi è rimasta un po’ dentro. Volendo ben guardare, infatti, andrebbe bene un po’ per tutto. Quante volte ci capita nella vita di avere buone idee, buone intenzioni ma, vuoi per la sbadataggine, vuoi per l’essere maldestri, ci riesce male quel che volevamo fare?
A me capita anche quando leggo. Buoni libri, buone prose, buone idee di romanzo.
Ma pessime esecuzioni.

Potrei aggiungere altro, tipo: pessimi editor, pessime case editrici ma in sostanza chi sono io per giudicare?
Sono solo un lettore. Un lettore qualunque.
Un lettore che vale uno, certo, ma, avendo sganciato quei 15/20 euro per comprare un libro, potrò almeno dare un parere su quel che sto leggendo?

Niente recensione

Non amo fare recensioni, men che meno a letture in corso. Ma in questo caso, arrivato a circa tre quarti del romanzo, ho una ragionevole certezza che non ci saranno impennate di gradimento.
Lasciamo stare le sbavature del mancato editing: ormai ci devo fare l’abitudine.
Lasciamo stare gli errori di battitura: i correttori di bozze devono essersi estinti da tempo se in casa mia non esiste libro completamente immune da refusi.
Lasciamo stare persino la struttura del romanzo: non è avvincente, ma questo è una questione puramente soggettiva.

Parliamo di comune buon senso.
Sant’Iddio, è così difficile muovere i personaggi con un minimo di spontaneità, un minimo di logica e un minimo di buon senso?
Perché chi scrive non si mette mai abbastanza nei panni dei propri personaggi?
E’ così difficile per chi scrive, chiedersi “cosa farei io se fossi nella situazione del mio personaggio?”, “quale risposta darei?” se al mio personaggio venisse posta una certa domanda?

Alcuni esempi

Siamo a Londra. Alcuni personaggi (protagonisti) si accorgono di essere braccati da un nemico che si muove nell’ombra, una persona pericolosa di cui non conoscono esattamente l’identità e dal quale, cito testualmente una loro battuta, devono “guardarsi le spalle”. E cosa fanno i nostri personaggi il giorno dopo?
Si nascondono? Fuggono? Cambiano aria?
No.
Danno una festa. Una festa come quelle che si vedono nei film americani, in pieno stile hippy, una festa aperta a tutti, annunciata su social e forum, tenuta in una villa d’epoca, una di quelle ville vittoriane da mille stanze dove si trascorre allegramente insieme tutta la notte.
Bel modo di nascondersi.

Altra scena. Una poliziotta di una certa esperienza riceve una telefonata anonima per un appuntamento con uno sconosciuto fissato un’ora più tardi. E cosa fa?
Ci va? Non ci va? Ci va chiedendo supporto a colleghi poliziotti, magari che si appostino nascosti per evitarle imboscate o qualcosa di peggio?
Certo che no.
Dall’alto della sua “certa esperienza” non solo ci va, così, su due piedi, ma ci va addirittura portandosi dietro marito e figlia di due anni perché teme che “siano in pericolo restando da soli”. Dopotutto, è meglio averli vicini nel bel mezzo di una sparatoria, anziché lasciarli a casa oppure mandarli a nascondersi chissà dove.

Era cominciata bene

Potrei andare avanti ma mi sto già annoiando da solo.
Questa storia era cominciata bene: bella copertina intrigante, trama interessante. Buon incipit. Buona persino la parte iniziale dell’intreccio, con quel centinaio di pagine lette tutte d’un fiato. Tanti buoni spunti, insomma.
Una gran bella pensata di fondo, ma un ben magro risultato.

Con idee così belle e originali, si sarebbe potuto tirare fuori davvero un gran bel romanzo.
Non dico che io avrei fatto di meglio: dopotutto sono solo un lettore. Ma la stessa trama, messa nelle mani di un fuoriclasse del calibro di Michael Crichton o Carlo Martigli, sarebbe stata tradotta in un capolavoro e, molto probabilmente, in un gran successo cinematografico.

Buona l’intenzione, insomma.
Ma pessima esecuzione.

L’importanza dell’immedesimazione

La mia può sembrare pura pignoleria, ma dopotutto la chiave del successo di un romanzo, al netto di tutte le possibili soggettività, sta proprio nascosta qui: più un personaggio si muove come si aspetta il lettore, più questi risulterà coinvolto, più si troverà immerso nella finzione narrativa creata dall’intreccio.

In altre parole: non ci si sente più coinvolti quando il personaggio reagisce e dialoga come ci si aspetta? Idealmente, se un personaggio si muove e parla come chi legge, chi legge tende ad immedesimarsi, a pensare come il personaggio, a essere il personaggio.

E quando sei il personaggio, sei decisamente più intrigato a leggere perché vuoi scoprire come si sviluppano le vicende, come andrà a finire la storia. Perché a quel punto, se è scoccata a dovere l’alchimia dell’immedesimazione, non stai più leggendo una storia qualsiasi.

Stai leggendo la tua storia.

4 commenti su “Buona l’intenzione

  1. E niente, ormai le sorprese nei libri non risparmiano nessuno: io, ultimamente, mi sono imbattuta in un romanzo che diomio, non sono né sarò mai una scrittrice, ma (come dici tu) sono una buona lettrice e qua veniva voglia di scrivere alla casa editrice e lamentarsi della scarsa resa del testo: non solo brutto (storia banale, raccontata in modo banale, molto scontata ecc ecc), ma anche male impaginato, pieno di refusi… ma porca miseria! Noi, caro Darius, abbiamo sbagliato mestiere, forse, ma c’è qualcuno che persevera nell’errore… e senza forse! 😖

    1
    1. Mah. Forse (e dico forse) non saremo mai scrittori e scrittrici ma va oggettivamente riconosciuto che certi lettori, se si mettessero a scrivere seriamente, sarebbero una spanna sopra di certi scrittori pubblicati.

      Che poi, alla fine, è sempre il solito discorso: che cos’ha più di noi uno scrittore pubblicato? Il fatto di essere passato nel tritacarne editoriale? Grazie: se il risultato è questo, allora me ne sto allegramente nei panni dello scribacchino dilettante, che mi diverto di più.

  2. Dunque, qua è lunga da commentare, ma andiamo per gradi.
    Primo, non seguo più il calcio da tempo immemore, dal primo Calciopoli. Ma ricordo fin da bambina le cronache di Pizzul, Ciotti e Galeazzi, carichissime di entusiasmo. Ora seguo il MotoGP e adoro, ma proprio adoro, Guido Meda. Non guardo il video (di solito ho televisione alle spalle e sto lavorando al portatile sul tavolo da pranzo) ma ascolto solo lui, “San Brembo aiutaci tu!” è la mia preferita (si riferisce ai freni della italiana Brembo, quando ci sono delle curve pazzesche). Per altro nel primissimo anno della mia carriera sono stata proprio in assistenza alla Brembo, dietro quel magico Kilometro Rosso che su vede dall’autostrada A4. 😉

    Secondo, a furia di prendertela con editor e correttori di bozze, specie che andrebbe protetta dal WWF, ti è scappata questa cosa qui: “ma questO è unA questione puramente soggettiva.” È il karma… 😛

    Terzo, ma non potrebbe essere (aspetta che caccio fuori la tela da Spiderman per arrampicarmi…) che quelli della festa, più che a nascondersi, tentassero di tendere una trappola per il cattivo? Farlo uscire allo scoperto? Magari l’autore, temendo l’infodump, si è dimenticato di dirlo?
    E può essere che la poliziotta creda di avere una certa esperienza, ma commetta in realtà errori gravi, come questo? Che se ha tanta esperienza, non resta poliziotta a lungo, farà carriera, no? Niente, mi pare di scivolare lo stesso…

    1. Ah, Guido Meda! Bisognerebbe clonarlo: quelli come lui sì che dovrebbero essere protetti dal WWF, non gli editor e gli scopavirgole. Quelli li manderei ai lavori forzati dietro la lavagna, a riscrivere cento volte le frasi con i refusi.
      Sono troppo severo? Con 15/20 euro a libro, ci vorrebbe la garanzia soddisfatti o rimborsati…

      Ripiega pure la tua ragnatela da Spiderman. Purtroppo no: le scene che ho descritto sono solo alcune di quelle che si prestavano meglio per un post breve. Altrimenti avrei dovuto fare una serie di post. Quindi sono proprio scene raffazzonate e in-credibili (nel vero senso della parola…)

      Per un romanzo come questo ci vorrebbe una ristrutturazione profonda: è come se prendessi una casa da ristrutturare da cima a fondo, dove tieni buone solo le fondamenta, la soletta e il tetto. Quindi l’idea portante è buona, tutto il resto assolutamente no.

      Sono pure disposto a soprassedere sugli errori di battitura, come quelli che hai trovato tu nel mio post. Ma la struttura portante, no. Deve essere davvero “portante”.

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