Oggi un libro ha molti modi di presentarsi e di farsi apprezzare. Naturalmente l’essenza resta la narrazione ovvero il testo vero e proprio del racconto o del romanzo. Altre parti hanno il compito di attirare l’attenzione del lettore. La copertina, ad esempio. Ma anche la trama, la terza (o la quarta) di copertina. La biografia dell’autore. E poi l’incipit.
Nelle mie ultime letture, però, ho scoperto di apprezzare una sezione che in gioventù avevo quasi sempre ignorato. Non è una sezione che si legge per decidere o meno l’acquisto di un titolo. Ma è una sezione che, terminata la lettura, personalmente mi dà molta soddisfazione, a volte quasi più del romanzo stesso: la nota dell’autore.
Mi piace molto leggerla, in particolar modo quando l’autore decide di servirsene per separare la realtà dalla finzione.
La apprezzo specialmente dopo la lettura di autori che hanno dimostrato bravura nello sviluppare vicende con intrecci accattivanti, mischiando abilmente la realtà, la storia, l’attualità con la loro fantasia. Questo è il vero genere fantasy!
Mi piace scoprire quali cose, che durante la lettura tendevo a ritenere false, inventate o in qualche modo distorte per servire meglio l’intreccio, sono in realtà vere ed esistenti. E, viceversa, mi stupisco quando scopro che certi eventi, personaggi e luoghi descritti con dovizia di particolari sono in realtà del tutto inesistenti e frutto dell’immaginazione dell’autore.
Certe note dell’autore sono scritte davvero bene. Si percepisce la sincerità, l’essenza genuina con cui sono state redatte: ho come la sensazione di vedere l’autore che, dopo lo spettacolo, scende dal palcoscenico per venire a sedersi accanto a me, ancora seduto nella platea ormai vuota con ancora negli occhi della mente la lettura appena terminata.
Un po’ come quando, al cinema, si resta seduti in poltrona ben oltre il termine del film, a veder scorrere i titoli di coda nell’avida speranza di ricavare dettagli utili per continuare con i voli di fantasia. Ecco, questa è la sensazione che provo nel leggere le note dell’autore: mi piace immaginarlo seduto, che mi parla.
“Allora Darius, ti è piaciuto? Sono contento. Sai, in realtà questa cosa l’ho inventata io però mi sono documentato e la realtà non è poi tanto lontana da quanto ho scritto: ho letto questi libri e consultato questi esperti. Quest’altra cosa invece no, non l’ho inventata: sì, lo so, sembra assurdo ma, ti assicuro, esiste veramente. E questo posto che ho descritto nel capitolo 8? Esiste veramente, solo che gli ho cambiato nome. E questo luogo invece? Sì, lo so è bellissimo però è frutto della mia immaginazione. Però ho tratto ispirazione quando ho fatto questo viaggio…”.
E così via, in una ipotetica conversazione che dura per tutta la nota dell’autore.
Altre volte, purtroppo, le note dell’autore sono scarne o del tutto assenti. Allora mi diverto a scoprire il mondo con Google Maps e Street View per andare a vedere di “persona” (in modo virtuale, è chiaro) come compaiono i luoghi in cui sono state ambientate le vicende narrate. Certi luoghi chiaramente sono arcinoti ma altri luoghi, del tutto sconosciuti, sembrano conservare intatto un certo fascino. Immaginare i personaggi che si muovono sullo sfondo di questi luoghi è una cosa che mi capita spesso.
A costo di tradire alcune preferenze di letture più o meno frivole, segnalo questi autori: James Rollins, Steve Berry, Michael Crichton e Kathleen McGowan.
Di questi, prima di procedere ad acquistarne un titolo, sbircio sempre la consistenza della nota dell’autore, senza ovviamente leggerla per il timore di bruciarmi il piacere della lettura.
Anche a me piacciono molto e più sono ricche più mi ci tuffo. È come buttare un occhio sul dietro le quinte, capire meglio certi passaggi. Ti ricordi quando una volta ho parlato dei ringraziamenti a fine libro? Pure quelli mi interessano: amici, parenti, conoscenti, tutti a collaborare. Ecco, più che l’autobiografia (visto che ne stiamo parlando tanto) io di un autore amo soddisfare qualche curiosità legata al percorso fatto per arrivare a scrivere il libro.
Anche la sezione dei ringraziamenti era una di quelle che tempo fa non leggevo quasi mai. Oggi, che mi diletto di scrittura, la leggo con l’idea di farmi un’idea del tipo di “squadra” che sta alle spalle di uno scrittore. Si capisce molto, da come è scritto il singolo ringraziamento, anche il tipo di rapporto che c’è tra lo scrittore e il singolo collaboratore.
Ci sono note dell’autore che sono un mondo enorme oltre al libro. Sto pensando alle Appendici del Signore degli Anelli, anche se lì Tolkien non parla direttamente al lettore, gli “mostra” altro della Terra di Mezzo, spiegando cosa sono e da dove arrivano alcuni personaggi. O che fine hanno fatto dopo la storia del libro stesso.
Raramente ne trovo di note dell’autore. Potrei sbagliarmi ma mi sembra una consuetudine più estera. Che in Italia non traducono. Per esempio, ci sono millemila fan della saga di Outlander che stanno ancora aspettando dal decennio scorso la traduzione dell’Outlandish Companion, un tomo di 600 pagine dove Gabaldon spiega tutte le ricerche storiche fatte e tutte le scelte effettuate durante la scrittura, per far aderire il romanzo alla storia. In America è arrivato alla seconda revisione. Qui nada. Nonostante la richiesta giunga ogni mese a Corbaccio. :/
In effetti deve essere una consuetudine estera, ora che ci penso. Ma io, almeno per gli autori che ho citato, le trovo tradotte. Non saprei però dire se dipende dall’edizione…