Il posto migliore per nascondere qualcosa è metterlo in bella mostra. Deve suonare più o meno così questa citazione. E, se la memoria non mi tradisce, una frase del genere deve averla detta Edgar Allan Poe. Lo so: potrei aprire internet e fare un paio di ricerche per esserne sicuro. Ma in questo momento il router di casa è spento e non ho voglia di alzarmi per accenderlo. Sono qui, svaccato sul divano, e l’unico strumento che ho a portata di mano per scrivere è un tablet di battaglia con il 36% di batteria. Mi basterà? Forse.
Il testo potrà essere corto ma i pensieri tra una frase e l’altra a volte sono molto più lunghi.

Ho appena finito di leggere un libro la cui finzione mi ha lasciato con un corposo carico di dubbi.
Un romanzo eccellente. Davvero eccellente. Voglio esagerare: il miglior romanzo che abbia mai letto.
Gustato fino all’ultima pagina, compresa la Dramatis Personae e la postfazione.
Per non parlare dell’Ipsissima Verba. Quest’ultima sezione, con il suo Antilibro, e il Libro Primo, e il Libro Secondo, e il Libro Terzo, mi hanno proprio rapito.
E il Libro Quarto? L’autentica apoteosi di questa singolare esperienza narrativa.

Potrei stare qui ora a blaterare di questo libro fino a notte fonda, ma diciamoci la verità: chi se ne importa? La lettura è un’esperienza straordinariamente soggettiva.
Ciò che per me è eccellente, per qualcun altro sarà inconsistente. Punto.

Il nocciolo della questione è un altro. La verità.
Questa non può essere soggettiva. La verità è una e una sola.
La si può non conoscere. La si può ignorare.
Si può conoscerla e ignorarla. Qualcuno l’ha fatto per secoli e lo fa tuttora. Ma sempre una rimane.
Solare e a volte scomoda. A volte così scomoda che potrebbe essere pericoloso parlarne.
Ma anche così solare che, davvero, è un delitto non parlarne.

Allora cosa si può fare? Cosa si può fare per parlarne alla luce del sole senza correre rischi pericolosi?

Semplice

Mettiamola in un romanzo.
Cosa possiamo fare per rendere il romanzo credibile? Scriviamo un bel romanzo storico. Citiamo eventi realmente accaduti. Raccontiamo di personaggi realmente esistiti. E nel romanzo raccontiamo la nostra storia. Facciamo vedere come questi personaggi – realmente esistiti, durante gli eventi realmente accaduti – si siano comportati così a causa di questa verità.

Ma è la nostra storia o è la Storia?
Si assomigliano in maniera davvero formidabile. Tutto si incastra alla perfezione: la storia con la Storia.

Finale ossimorico

“Quindi allora… è tutto vero?”
“No, che dici. E’ un romanzo. Quindi siamo al sicuro: tutti penseranno che il romanzo sia finzione.”
“E lo lasciamo lì, sotto gli occhi di tutti?”
“Lasciamolo lì, sugli scaffali delle librerie, così che tutti possano coglierla, questa verità. Così che tutti possano conoscerla.”
“Ma non dicevi che il posto migliore per nascondere qualcosa… è metterlo in bella mostra?”

4 commenti su “Vera finzione

  1. Non so che romanzo tu abbia letto, ma sono d’accordo: c’è molta più verità in libreria che al telegiornale. 😉

    1. Il codice Da Vinci !

      Era una battuta, spero di non averti fatto volare dal tapis roulant… 😀 😀 😀
      Il codice Da Vinci è pure citato nella postfazione con una frase quasi ironica che mi ha dato molto da pensare: il mondo si è scandalizzato per Il codice Da Vinci, ignaro che ci sono in circolazione fior di libri almeno dieci volte più “pericolosi” …

      E’ proprio vero che a volte basta “solo” leggere.

  2. Vera finzione, finta verità: se le fai entrare in un romanzo, puoi coniugarle come vuoi!
    Ma tu, che letture fai, ultimamente?

    1. Il problema grosso è proprio questo. Se uno scrittore le coniuga così bene, diventa molto difficile, se non impossibile, per chi legge distinguere la verità dalla fantasia. Insomma, per dirla in altro modo: se sei bravo con le parole… puoi riscrivere la realtà.

      Che letture faccio ultimamente? Letture che “spostano”… 😉

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