E’ un periodo strano. Il mondo sembra scoprire le meraviglie dell’intelligenza artificiale: e si stupisce, si entusiasma, si rallegra. Oppure si rattrista, ne rimane sconvolto, se non addirittura terrorizzato. Ne parlavo più di un anno fa quando, manco a farlo apposta, mi chiedevo proprio quanto avrebbe impiegato una mente artificiale a padroneggiare abilmente linguaggio e semantica.

Io ho a che fare con un’intelligenza un po’ meno artificiale ma a tratti altrettanto sconvolgente.
Quella di Emme.
Non nel senso che sia ‘sto gran mostro di intelligenza sovrumana dal QI inarrivabile (non me ne voglia… 😀 ), ma nel senso che mi propone a volte risposte tanto innocue quanto bizzarre e spiazzanti.

E così, mentre il mondo si diverte a giocare con l’intelligenza artificiale facendo domande più o meno serie e profonde, io mi diverto a giocare con Emme facendo domande idiote o semiserie. Al contrario della chat di silicio (che risponde sempre), Emme non risponde sempre.
Ma quando risponde, una volta su tre (maledetto), riesce a non farmi dormire la notte.

La domanda idiota

Ma cominciamo dall’inizio.
La mia mente strampalata stava cercando di partorire una spiegazione scientifica, o almeno pseudoscientifica, per definire un varco spazio-temporale. Una di quelle vaccate che si partoriscono nei romanzi di fantascienza, insomma. Solo che io non avevo in mente un romanzo di fantascienza. E non volevo fare una delle solite cose che conoscono tutti: odio i cliché.
Volevo qualcosa di più fine, più ricercato, più studiato.
Qualcosa di più originale, insomma.

Quando si è alla ricerca di qualcosa del genere, la risposta più geniale può arrivare spesso dalla prima persona che ti viene in mente. Meglio se si tratta di qualcuno al di fuori delle tue rotte semantiche.
“Emme”. Chi meglio di lui?

Ed ecco la domanda idiota: “Dove posso trovare un varco spazio-temporale in natura? Wormhole a parte, intendo. Stupiscimi”.

La risposta idiota

Dopo un paio di settimane, quando ormai avevo una ragionevole certezza che la mia domanda, nonostante la doppia spunta blu, fosse stata abbastanza idiota da finire ben oltre l’orizzonte delle chat degne di risposta, ecco la risposta lapidaria.

“In natura? La natura è piena di varchi.”

Sulla prima, mi è sembrata una risposta idiota a una domanda idiota.
Peccato che, subito a seguire, mi è arrivato il link a un reel di Instagram.
“Eccoti il tuo varco.”

Il varco

Il link in questione, che non includo perché in realtà è una raccolta di video bizzarri e veloci montati uno dopo l’altro in modo un po’ confusionario, mostrava a un certo punto un quadrato di carta composto da quattro pezzi.

Scomposto e ricomposto, mi ha lasciato perplesso. “Non può essere possibile” mi son detto.
E, non contento, l’ho riprodotto io stesso, convinto di svelarne la falsità nascosta, come spesso capita nei video che girano in rete.

Ecco i passaggi con alcune immagini.
Passaggio 1: traccio un quadrato su un foglio di carta, 10 centimetri di lato.
Passaggio 2: traccio 2 specie di diagonali segnando, come riferimento, il centimetro 6 su ogni lato.
Passaggio 3: ritaglio il tutto, in modo da poter scomporre il quadrato di carta in 4 pezzi.
Passaggio 4: scompongo.
Passaggio 5: ruoto ciascun pezzo di 180 gradi.
Passaggio 6: riunisco i pezzi ruotati, in modo da poter ricomporre il quadrato.

“Eccoti il tuo varco”

Ricomposto il quadrato, incredibilmente, mi ritrovo un buco in mezzo. E pure grosso.
Com’è possibile?
Il quadrato di partenza è di 10 centimetri di lato, il quadrato finale è sempre di 10 centimetri di lato.
L’area è la stessa: i pezzi sono semplicemente stati ruotati e riuniti.
Eppure alla fine rimane un buco.
Rimane un varco.

La risposta non-idiota

Avevo visto un giochino del genere con un triangolo e ne avevo letto qualcosa in merito a paradossi geometrici e rompicapi simili. Non metto in dubbio che ci sia da qualche parte una spiegazione perfettamente logica, tuttavia è ancora una volta Emme a dirottare l’attenzione sul nocciolo della questione.

“La natura è piena di varchi: la natura mostra, la natura nasconde. Ma a volte dipende solo da come guardiamo le cose. E se vogliamo guardarle davvero. In questo caso hai solo ruotato alcuni pezzi. E hai trovato un varco geometrico. Ma ovviamente ci sono varchi concettuali, varchi filosofici, varchi metafisici. Basta ruotare le proprie convinzioni, le proprie credenze e le proprie certezze. E i varchi si trovano. Quanto ai varchi geometrici non ne esistono solo di bidimensionali…”

Che dire? Ho chiesto di stupirmi, e mi ha stupito. Lo ammetto.
Ora mi tocca citarlo nei ringraziamenti, se mai dovessi infilare un varco in uno dei miei romanzetti.

8 commenti su “Varchi inaspettati

  1. Qui a Roma è pieno di varchi, che non conviene attraversare se sono attivi (per affiancarmi al commento di Franco). Battute a parte, Bella la spiegazione dei varchi concettuali e filosofici che dipendono da come muoviamo la mente. Ma sto Emme è pure saggio!

    1. ‘Sto Emme è pure furbo. Gli ho fatto notare che la rotazione in realtà porta a comporre un quadrato leggermente più grande di quello di partenza. Da 10 cm di lato si passa a 10,2 di lato circa.

      “Vero” mi ha detto. “Ma osserva come la differenza di soli 2 millimetri per lato, che sono quasi impercettibili, provocano un buco enorme alla fine del gioco. Un varco enorme che si apre con poco. Non ti sembra una magia?”

      Mah. Come dargli torto?

      1. Ieri ad esempio, il portiere della Roma pur spostandosi di soli 5 cm sulla sua destra, ha lasciato un buco di un metro alla sua destra.. 😉

        1. Ah, be’! Anch’io quando guardo una partita ultimamente vedo che si aprono varchi inaspettati in pochi centimetri di spazio…

  2. “Io ho a che fare con un’intelligenza un po’ meno artificiale ma a tratti altrettanto sconvolgente.
    Quella di Emme.”
    Sono arrivata solo qui e già sto ridendo… 😀

    Torno a fine lettura. Quel giochino del quadrato è stupendo. No, non l’avevo visto (non ho passione per i video sui social, sono più da immagini statiche). E l’interpretazione che ne dà Emme è perfetta. Perciò se cerchi un varco spazio-temporale, devi “ruotare” qualcosa e cambiare prospettiva. Dove non c’era nulla, e non c’era spazio per nulla, comparirà il varco. Mi torna in mente, appena rivista in tv in Harry Potter, la casa di Sirius Black al numero 12 di Grimmauld Place a Londra. Da fuori la casa non c’è, per i babbani, si passa dall’11 al 13. Solo chi conosce l’incantesimo, vede apparire la casa: letteralmente il palazzone si “allunga” e compare la casa nel mezzo. Un varco magnifico!

    1. Insomma: quindi mi tocca davvero citare Emme nei ringraziamenti del mio mezzo romanzetto?

      Quanto a Harry Potter, be’, diciamo che in quel mondo i varchi sono tanti, a partire dal binario 9 e 3/4.
      Non me ne voglia la Rowling, ma con la magia è troppo facile: intendo dire che l’autore o l’autrice si esime completamente dalla necessità di spiegare qualcosa o il funzionamento di qualcosa, chiedendo direttamente al lettore la sospensione dell’incredulità.

      Così però non vale! Un minimo di sforzo per guadagnarsi l’incredulità del lettore (e la sua fiducia, e il suo coinvolgimento) va fatto!
      E’ con questo intento che ho posto la mia domanda idiota.
      Alla fine anche Emme ha parlato di “magia” però almeno lui il suo sforzo minimo l’ha fatto.
      Prendere quel suo varco geometrico e calarlo in un contesto narrativo darebbe più soddisfazione a chi legge.

      Michael Crichton, in Timeline, ha costruito un’intero romanzo con tanto di spiegazioni scientifiche (vere) tese a spiegare un varco (narrativo) per viaggiare nel tempo. Anche lui ha fatto il suo binario 9 e 3/4 ma non si è limitato a dire “funziona così perché è magico”.
      (Ok che dalla Rowling a Crichton cambiamo completamente genere e cambiamo anche tipologia di lettori…).

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