Mi è capitato tra le mani un romanzo molto accattivante. Ambientato più o meno nel 3000, in pieno… Medioevo. Non entrerò nel merito della trama per evitare di bruciare il gusto della lettura qualora qualcuno volesse andare a leggerselo. Anzi: non rivelerò nemmeno il titolo. Facciamo che ne parlerò in privato, se qualcuno decidesse di contattarmi via e-mail. L’autore, una firma di caratura internazionale, ha giocato molto bene con gli eventi, mischiando le carte in tavola. E lo ha fatto direi “quasi” alla perfezione.

Perché “quasi”

Tutto ruota attorno a un evento accaduto nel 2025, quindi, secondo i tempi del romanzo, in un passato abbastanza remoto. Non ha importanza di quale evento si tratti (come detto, non anticipo nulla) tuttavia mi son chiesto se l’effetto “wow” non sia dovuto al fatto che il lettore, in questo caso il sottoscritto, si trovi a vivere proprio qualche anno prima del 2025. Il romanzo è ben strutturato e gioca bene con le epoche: in pratica in quel futuro remoto (anno 3000) parlano dell’Antichità che è il nostro presente (2020), poco prima dell’evento X, per noi praticamente imminente.
Il tutto con analogie ed effetti molto ben costruiti e che contribuiscono in modo deciso a creare quell’effetto “wow”, tanto che mi son detto che questo romanzo dovrò farlo leggere a mia figlia quando sarà grande.

Dubbi

E da qui sono nati i miei dubbi: ho detto “mia figlia” ma il discorso vale per qualsiasi lettore del futuro. Ho pensato che un lettore in erba, ora alle scuole elementari, che non avrà grande memoria di quest’epoca pur vivendola già in prima persona, potrà godere di una lettura simile non prima dei 25 anni, vale a dire dal 2035 in poi.

Ma potrà davvero apprezzarla? Ho provato a mettermi nei panni di questi lettori del futuro: nel 2035 leggo un romanzo distopico, ambientato nel 3000, che ruota attorno a un evento accaduto 10 anni prima rispetto al momento in cui sto leggendo (se sono nel 2035, il 2025 è passato da dieci anni…). Insomma: per apprezzare la trama dovrei ricordarmi (o sapere) com’era il mondo nel 2025, tenendo presente che l’autore (nel 2020) ha scritto immaginando questo 2025 come suo prossimo futuro ormai alle porte. Futuro che al momento della lettura (sto ipotizzando di essere un lettore del 2035), è passato da dieci anni…

Che groviglio!

Per i lettori del futuro, molto probabilmente questo effetto “wow” non ci sarà, a meno che non siano professori di storia o studiosi ben istruiti. E mi sto chiedendo se addirittura tutta la comprensione della trama (quindi non solo l’effetto “wow”…) non vada a compromettersi sempre più, con il passare del tempo.

Per ora mi leggo il romanzo.
Come lettore lo trovo molto godibile.
Come scribacchino lo trovo prezioso: vale la pena scrivere un romanzo distopico? Onestamente non ci ho mai pensato, ma se mai un giorno dovessi accarezzarne l’idea credo che sarà inevitabile pensare a questa lettura e, soprattutto, a pensare ad essa come a una lettura con la data di scadenza.

6 commenti su “Riflessione distopica

  1. Beh, adesso fuori il titolo… non puoi incuriosire così e poi ritirare la mano. 😛

    1. Guarda, fermo restando quanto espresso nella mia riflessione, il finale mi ha poi talmente deluso che mi sento quasi in colpa a svelare il titolo… 🙁

      Comunque ti lascio un indizio: l’autore lo si potrebbe chiamare Roberto… 😉

  2. Io ti ci vedo a scrivere un bel distopico, con un’indagine storico/scientifica alla Tred maniera… perché non ci provi?

    1. Dici? Lo sai che poi rischieresti di vincerne la beta-lettura?
      Allora sì che sarebbe un bel guaio per te… 😀

      Però mi piace la tua definizione di “Tred maniera”. Quali sarebbero le caratteristiche di questa Tred maniera?

      1. Per una storia alla Tred maniera, questi gli ingredienti:
        1) un intreccio arzigogolato e originale;
        2) una spruzzata di surrealismo travestito da ordinarietà;
        3) uno studio approfondito su ogni elemento sfruttato nella trama.
        Il tutto cotto nel forno di una buona beta lettura! 😛

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