Leggo da più parti che per scrivere bisogna fare molti esercizi. Provare, provare, provare. E poi ancora provare. Occorre fare molte prove per raffinare lo stile, per rendere leggibile un certo brano, per trasmettere atmosfere, emozioni, ambientazioni. Ok. Però bisogna anche documentarsi e studiare gli argomenti che si intende trattare o anche solo accennare. Ci sta. Anzi: direi doveroso. Tutto qui? Be’, non è poco. In certi casi devo andare oltre e provare di persona a fare le cose che vorrei far fare ai miei personaggi nei miei racconti. Potrebbe sembrare una pignoleria ma questo è il “prezzo” da pagare se si vuole raccontare con dovizia di particolari una scena che, per quanto possa magari essere confinata nello spazio di un solo capitolo, può regalare però autenticità a passaggi chiave del racconto.
Ecco quindi che mi sono cimentato con una bella torcia svedese.

Cos’è la torcia svedese?

Cosa sia una torcia svedese ve lo racconta Francesco, storico dell’Università di Siena, uno dei personaggi de Il pastore grigio, uno dei miei prossimi racconti.
(perdonate il testo grezzo, devo ancora darlo in pasto a qualche beta-lettore di fiducia).

darius-tred-retroblog-post-torcia-svedese-2«Ha mai visto ardere una torcia svedese?» domandò Francesco.
Giovanni fece cenno di no e così Francesco cominciò a spiegare.
«La torcia svedese era un ingegnoso stratagemma inventato nel medioevo dai soldati svedesi. Serviva per riscaldarsi, per fare luce, per cuocere cibo all’occorrenza. La sua ingegnosità consisteva nel fatto che ardeva a lungo producendo calore e luce e, allo stesso tempo, consumando pochissima legna. Si dice che i soldati svedesi ne facessero largo uso quando dovevano appostarsi nei boschi per fare lunghi turni di guardia. Una torcia svedese può durare tranquillamente una notte intera senza mai spegnersi.»
Interessante, pensò Giovanni.
«Come se non bastasse, è facilissima da ottenere» continuò Francesco. «Prenda un tronco, esattamente come questo, lo metta in piedi e faccia un taglio a croce a partire dall’alto avendo cura di fermarsi a circa metà tronco. Poi non deve fare altro che riempire di segatura le fenditure ottenute con il taglio a croce. Una volta che prende fuoco, l’interno del tronco comincia ad ardere lentamente. Passa solo l’aria sufficiente a bruciare le parti interne del legno. Il fuoco non fa in tempo a divampare. Questo spiega la lunga durata.»
La spiegazione era eloquente. Francesco mentre parlava aveva mimato le sue istruzioni sul tronco carbonizzato che avevano davanti. Disposto in piedi, come un cilindro, Giovanni aveva osservato i gesti di Francesco quando questi aveva simulato con la mano un taglio, come se avesse maneggiato un’ascia da boscaiolo. Immaginò che non doveva essere difficile ottenere quel risultato utilizzando una motosega.
Doveva essere affascinante immaginare un fuoco acceso con quella tecnica. L’atmosfera che doveva crearsi intorno doveva essere calda e accattivante.

6 commenti su “Provato per voi

  1. Ma noi vogliamo la foto in notturna, con il rosso della brace. Altrimenti non crederemo. Magari georeferenziata, eh, che scaricarne una da Internet è un attimo. 😛

  2. E allora, lo hai pagato tu questo prezzo? Puoi raccontare di avere provato di persona il metodo svedese?
    Ah, poi, ci sono un paio di cosette nel testo… 😉

    1. L’ho detto, il testo è grezzo: mi serve come esca per pescare beta-lettori… ma anche beta-lettrici ! 😀

      Quanto alla torcia, seguirà un post di approfondimento. L’inverno è prossimo e una torcia svedese può sempre servire…

  3. Durante la prima guerra mondiale, i soldati italiani ottenevano lo stesso risultato con la carta di giornale. Quando me lo raccontarono mi sembrò strano: la carta brucia in fretta; col petrolio della stampa poi… Eppure i nostri soldati, in male arnese a vestiti e privi di combustibile razionato dall’alto, trasformavano i quotidiani in legna da ardere. Prendevano un foglio e lo torcevano su se stesso fino ad ottenere una sorta di treccia stazzonata. Quindi lo bagnavano con l’acqua. Con l’acqua? Con l’acqua! Poi prendevano un secondo foglio e glielo arrotolavano attorno. Bagnavano anche quello. E così via fino a esaurire il quotidiano. Quando la carta si asciugava, era pronta da bruciare. E durava, durava come se fosse stata legna da ardere. 😉

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