Robert Masello is an award-winning journalist, television writer, and the bestselling author of many books, most recently the supernatural and historical thrillers, “The Einstein Prophecy” (a #1 bestseller in the Amazon Kindle store) and “The Jekyll Revelation.”
Breve accenno estratto dalla biografia presente su www.robertmasello.com.
Perché oggi parlo di Robert Masello? E’ molto probabile che qualcuno non l’abbia mai sentito nominare. Almeno in Italia. Eppure il resto della biografia parla chiaro: è sufficiente visitare il sito citato per farsi un’idea dell’autore e della sua produzione.
Dicevamo: perché parlo di Robert Masello?
Nel mio precedente post avevo scritto di un piccolo siparietto tra me e un mio amico in cui quest’ultimo mi parlava di un libro. Me ne aveva suggerito/richiesto/consigliato la lettura per averne un parere, appioppandomi il malloppo. Purtroppo per ragioni che non sto a descrivervi (e che, sempre nel mio post precedente, ho omesso per brevità), ho dovuto lasciare a metà la lettura (che ho faticato molto a intraprendere) per restituire il libro. Il caso ha voluto che lo trovassi in offerta in libreria poco dopo. Il resto è storia che ho già descritto: lettura finita, dubbi e perplessità a grappoli, brani condivisi e commenti molto (molto) interessanti.
Ma fermi tutti
Si è venuta a creare una circostanza singolare: a fronte dei brani proposti, tutti (almeno tra quelli che hanno commentato) hanno pensato a un aspirante scrittore la cui prosa è stata sostanzialmente bocciata. Qualche strafalcione (specialmente il brano 1) ha destato grande perplessità. Qualcuno ha definito lo scrittore “un malcapitato”.
Premettendo che io mi trovo d’accordo con tutti questi punti di vista (aspirante, malcapitato, strafalcioni da correggere, stesura da rivedere, scrittura acerba), purtroppo l’ “aspirante” scrittore ha smesso da lungo tempo di “aspirare” perché si tratta, per chi non l’avesse ancora capito, proprio di Robert Masello di cui parlavo all’inizio di questo mio post.
E il libro in oggetto è La profezia di Einstein, edizione Newton Compton Editori del Marzo 2016, traduzione di Tullio Dobner.
Qualcuno potrebbe sentirsi tratto in inganno. Forse qualcuno sta già mettendo mano a cerbottane, fionde e balestre perché si sente tradito dal siparietto pensando che il mio amico fosse un aspirante scrittore che, saputo di me, voleva avere un parere. Se però leggete con attenzione il mio post precedente, io non ho mai parlato di “aspirante” scrittore, di “esordiente”, men che meno di lettura beta. Ho solo omesso che, nel frattempo, il libro l’avevo restituito e, essendo rimasto più o meno a metà lettura, di seguito l’ho acquistato in libreria. E, come dicevo, l’ho omesso per brevità.
Chiedo venia
Tuttavia, ammetto che il gioco che ne è scaturito mi ha divertito molto e ho riso un pochino alle vostre spalle. L’ho fatto in modo amichevole, s’intende: spero non ve la prendiate.
Ma diciamoci la verità! Se avessi specificato subito autore, titolo e brani sarei subito stato liquidato come il solito selfaro del ca..o 😀 che quando trova un pelo nell’uovo in libreria lo ingigantisce all’ennesima potenza. Invece li ho omessi (autore e titolo, dico) e l’ho fatto sperando di suscitare sincerità.
Immagino che ora si alzeranno un po’ di mani, assieme ad alcuni distinguo di “se”, di “ma” e di “però” perché c’è di mezzo un traduttore.
Beh, per tutti i brani che ho proposto, secondo la mia (non) esperienza sarei portato a pensare che la traduzione abbia penalizzato molto il buon Masello. E il termine “malcapitato” è davvero azzeccatissimo, per tutti i brani che mi hanno fatto storcere il naso. Ma proprio tutti, non solo quei sette che ho riportato.
Poi mi è sorta la solita domanda: può essere che la traduzione arrivi ad alterare così sostanziosamente la prosa di un romanzo? Può essere. Non essendo un traduttore, mi concedo il beneficio del dubbio. E ancora: un errore di traduzione può arrivare a compromettere un singolo brano così tanto da introdurre di fatto uno strafalcione colossale come quello del brano 1?
Potevo rimanere così, sospeso nel limbo del dubbio, dando tutta la colpa al povero traduttore? 😀
Ma certo che no. Dunque, per farmi perdonare del siparietto 🙂 ho speso una manciata di euro per comprarmi l’edizione digitale in lingua originale perché lo devo a quanti hanno commentato (in modo brillante, e lo penso seriamente). E perché, nonostante tutto, volevo verificare se fosse possibile spezzare una lancia a favore del traduttore.
Ecco dunque il risultato della mia indagine. Di seguito sono riportate le versioni italiana e inglese del brano 1:
A dispetto dell’educazione laica e della propensione alla concretezza, in Simone conviveva anche una tendenza alla speculazione teorica. Nessuna ragazza cresciuta nel grande delta egiziano, che era stato la culla delle tre principali religioni – il luogo dove le piramidi di antichi sovrani avevano resistito per millenni alle tempeste di sabbia e alle inondazioni, dove si narrava che si fossero separate le acque dei mari e la terra fosse stata calcata da grandi profeti – poteva esserne esente.
For all her education and worldliness, Simone had a streak of the speculative in her. No girl brought up in the mighty delta of Egypt, where three of the major faiths had taken root, where the pyramids of kings had weathered sandstorms and floods for thousands of years, where seas had reputedly parted and prophets walked, could be without it.
Quindi sembrerebbe che, almeno per lo strafalcione del brano 1, il traduttore non abbia colpa anche se, a mio modestissimo parere, avrebbe potuto, non dico correggere (non so se si possa fare, immagino ci siano dei contratti con precise clausole), ma almeno segnalare. Magari l’ha fatto e l’hanno ignorato, non lo sapremo mai.
Post Post Scriptum
Il nome conta, conta molto. Il fatto che un autore sia affermato, per di più come autore di “bestseller” internazionali, ci induce a pensare che costui sia immune dallo scrivere strafalcioni. E quindi si tende ad abbassare la guardia, a pensare più o meno inconsciamente che il processo di pubblicazione abbia sgrassato via tutte le imperfezioni, lasciando al massimo qualche errore di battitura o qualche piccolissima imprecisione qua e là.
Si direbbe che la guardia non la abbassino solo i lettori, ma anche tutta la trafila di figure professionali che si susseguono prima che un libro arrivi in libreria.
Forse qualcuno potrebbe pensare che io abbia tirato fuori un gran cinema da un brano di poche righe. Eppure posso assicurare che i sette brani che ho proposto saranno circa il 25/30 per cento delle mie perplessità. Il resto non l’ho riportato perché, appunto, non volevo passare per il solito selfaro accanito.
Se qualcuno non fosse ancora convinto, concludo il cinema con un’ultima perlina (questa volta raccontata, niente brani).
A un certo punto fa la sua comparsa nell’intreccio un grosso elicottero militare che trasporta un oggetto molto pesante. Allego il brano in lingua originale, per assolvere ancora una volta il traduttore 🙂 .
Once it was loaded on board that helicopter, she knew that she would never see the ossuary again.
Peccato solo che nella Seconda Guerra mondiale (il romanzo è ambientato tra il 1942 e il 1944) gli elicotteri ancora non esistessero. Pare che solo i tedeschi ne avessero, e pure in pochi esemplari. E nemmeno impiegati in guerra perché sembra che fossero poco più che prototipi. L’elicottero militare, come mezzo e come arma, farà la sua comparsa determinante solo nella guerra del Vietnam (circa due decenni dopo, per intenderci).
Questa è una perla sottile, forse solo i lettori più pignoli come il sottoscritto la notano.
E’ accettabile che il lettore non ci faccia caso. Potrei trovare anche accettabile che l’autore commetta una leggerezza di questo tipo. Personalmente trovo un po’ meno accettabile che non ci faccia caso l’intero staff di pubblicazione di una casa editrice.
Non rinnego il mio parere sull’autore che, a questo punto, sarebbe anche molto più caustico. Per fortuna non lo conoscevo; d’ora in avanti mi guarderò bene dal conoscerlo.
Il giochino, ad ogni modo, l’avevo provato anche io a suo tempo, traendone le stesse identiche conclusioni. Ergo l’editoria in Italia avrà tutta una serie di problemi cui non sfugge, comunque, nemmeno quella anglosassone. Per il resto c’è poco da argomentare, se non che sic transit gloria mundi.
Dimenticavo: è già da qualche anno che ho depennato Newton Compton dalla lista degli acquistabili. Troppi refusi e traduzioni improbabili, persino sui classici.
Devo dire che non sei il primo che me lo dice. Ho già visto in rete altri commenti negativi su Newton Compton… Però in questo caso, a parte la traduzione di quest’ultima, alcune grosse pecche sono all’origine…
No, non me l’immaginavo, ma nemmeno il mio parere cambia di una virgola.
Aggiungo: non è che la trafila editoriale “abbassi la guardia”, è che semplicemente (come qualsiasi azienda) quando un “prodotto” ha un certo nome ed arriva a “vendersi da solo”, l’azienda non ci investe quasi più. O il minimo indispensabile. Ecco perchè i prodotti migliori sono la seconda serie (la prima no, sono prototipi). Dalla terza in poi comincia già il decadimento delle performance.
Sulle traduzioni: il traduttore fa parecchia differenza qualitativa. Vedesi la saga di Outlander: i primi 5 libri americani (9 in Italia, editi da Corbaccio/Tea, che per incassare di più ha diviso ogni libro in due….) sono stati tradotti da Valeria Galassi, magistralmente, si sente che il romanzo piaceva prima di tutto a lei, nel tradurlo. Dal sesto (decimo in Italia), è cambiata la traduttrice. Si presume per questione di costi, altre motivazioni non ne ho trovate. Io non sono ancora arrivata a quella lettura, ma le altre lettrici mi dicono che la qualità dei libri è precipitata: dai nomi dei personaggi sbagliati, ad alcune frasi che non fluiscono nella storia, a tempi verbali errati, a virgole piazzate a caso (forse dopo il traduttore, hanno tagliato il correttore di bozze?). C’è chi arriva a leggere l’originale in inglese, piuttosto che quello italiano.
Questo è un altro aspetto interessante. La casa editrice ormai ragiona da azienda (in fondo lo è sempre stata, ma forse oggi è più evidente). E il libro diventa il “prodotto”. Sempre meno l’azienda pensa all’essenza del “prodotto”, sempre meno pensa alla soddisfazione dei “consumatori”. Risultato? Impoverimento culturale dei lettori che digeriscono di tutto senza porsi la pena di nessun minimo approfondimento.
E’ vero che la traduzione è cruciale ma mi chiedo se in patria (cioè negli USA), il pubblico americano (che in linea puramente teorica dovrebbe essere tra i più istruiti al mondo considerando tenore di vita e il sistema scolastico/universitario) sia realmente consapevole di quello che legge. Per inciso: il romanzo in oggetto, su Amazon.com, ad oggi è il bestseller #1 con tanto di 4 stelle su 5, basato su oltre 5500 recensioni.
Mai sentito nominare questo autore, ma io con le mie letture non faccio testo. In più ho un handicap che mi penalizza in tante cose: non ho una conoscenza dell’inglese tale da consentirmi traduzioni dalla lingua originale (sono ferma, o quasi, a: the pen is on the table!). Per quanto riguarda i traduttori, beh, sono importanti eccome! Non è un mestiere facile, perché non è solo un trasporre le parole e portarle alla lingua di riferimento, è un rintracciare quelle adatte, sentire lo spirito del libro e interpretarlo nel modo corretto, mettersi nei panni dell’autore, capire cosa volesse dire e come intendesse coinvolgere il pubblico. Se non sei bravo a fare tutto questo non sai fare bene il tuo lavoro e, alla fine, non rendi un buon servizio nemmeno a chi si è fidato di te.
Al di là della fama di tale Roberto Masello, io un suo libro non lo leggerei mai solo per una questione di gusti miei personali.
In merito alla traduzione, nemmeno io ho una conoscenza tale da poter tradurre un racconto. Posso arrivare a capirlo, ma non a tradurlo mantenendo inalterate spirito e sfumature.
Tuttavia il nocciolo della questione verte sul concetto espresso (errore madornale sulla culla delle tre religioni…). Errore fatto dall’autore, non dal traduttore.
Sul fatto che il mestiere di traduttore sia molto difficile, sono perfettamente d’accordo con te.
Newton ha pubblicato un romanzo dove si dice che la luna è un pianeta, tra i vari strafalcioni. Altro problema le copertine copia incolla, queste sono molto simili a quelle di Marcello Simoni che molto ma molto vende. E’ un editore molto particolare Newton. Anni fa fece i famosi libri 100 pagine 1000 lire, ha avuto grandi idee e spesso ha puntato su prezzi bassi, nel tempo tutto sommato ha pubblicato autori non qualitativamente non proprio eccellenti, ecco.
Come dicevo anche a Michele, sono già diverse le persone che non hanno un’alta stima di Newton Compton. Non che voglia difenderne l’operato, tuttavia in questo caso specifico si può metterne in discussione “solo” la traduzione. Gli strafalcioni sarebbero a carico dell’autore… 🙂
Oh grazie Darius, almeno un articolo che mi costringe a uscire dal letargo in cui giaccio in questi giorni.
Nel precedente post avevo commentato dicendo che non gli imputavo troppe colpe, vedendo in un autore pubblicato come Carlotto bubboni inaccettabili per un autore pubblicato.
Quindi sì, cambio idea, in castigo dietro la lavagna anche per Masello, editor ed editore.
P.s. Sull’editoria basta vedere la porcheria che hanno cagionato con Harry Potter, pubblicizzando un seguito che è in realtà una piece teatrale neanche scritto dalla Rowling.
Specificatelo chiaro ai lettori cosa stanno per comprare. Ma nella strategia adottata l’unica cosa che conta è vendere. E su Amazon hanno fatto crollare il giudizio del libro a due stelle e mezzo.
Io strabuzzo gli occhi e mi domando possibile? Possibile che si arrivi a tale inganno nei confronti del lettore?
Mi fa piacere sapere che ti è piaciuta questa mia incursione. 🙂
Io cerco sempre di usare lo stesso metro di misura: se un bubbone è inaccettabile, lo è sia se lo scrive un esordiente, sia se lo trovo in un bestseller. L’eventuale clemenza la potrei tenere (notare il condizionale) per l’esordiente autopubblicato. E non lo dico perché sono un selfaro (anche se poco convinto). Lo dico perché di solito l’esordiente autopubblicato fa tutto da solo e ci sta che gli possa sfuggire qualche particolare (anche se non accetterei strafalcioni macroscopici).
Quando c’è di mezzo una casa editrice (piccola o grande che sia), allora è sacrosanto mandare tutti dietro la lavagna, a partire dall’autore (e dal suo eventuale ghost writer, come suggerirebbe Marina 🙂 )
P.S.: per Harry Potter, non avrei nulla da aggiungere. Ormai non lo reputo più un fenomeno editoriale: è un’industria dell’intrattenimento a sé stante… 🙂 Questo è il motivo per cui non sprecherò neanche un centesimo per comprarmi l’ultimo libro. Sprecherò solo dieci euro (sperando che bastino) per andare a vedere il film…
Il senso del post è che c’è speranza per tutti? 🙂
A questo punto, però, mi devi spiegare il perché hai voluto proseguire nella lettura – non contento sei pure entrato in libreria a comprarlo -, tanto che viene il sospetto coltivi una vena di masochismo… 😛
Domanda molto interessante quella sulla speranza… 😀
Per questo mio doppio post ce ne sarebbero molti di sensi.
Io opterei per un senso molto pacato del tipo “Non è tutto oro quel che luccica”.
Ho deciso di proseguire la lettura perché ero rimasto a metà, perché casualmente ho trovato il libro in offerta proprio poco dopo averlo restituito e anche perché, diciamocelo, non sono capace di abbandonare a metà una lettura (deve proprio essere un obbrobrio…).
E forse perché sono anche troppo buono: in fondo cerco sempre di dare più peso alla storia che all’esposizione della stessa, anche se questo non mi impedisce di rilevarne le pecche (vedila come deformazione professionale: sono analista informatico e tendo ad analizzare anche le ricette in cucina… 😀 ).