Chi è John? Chi è Jack? Per chi si fosse persa la puntata precedente, riassumo in pochissime parole: in una delle mie recenti letture mi sono imbattuto in un racconto in cui uno dei personaggi principali viene indicato più volte con nomi sbagliati. Mi spiego: lo stesso personaggio a volte viene chiamato Jack, altre volte John. Sia nel testo narrato, sia nei dialoghi. Me ne è venuto fuori un curioso caso che ho approfondito andandomi a leggere la versione originale in inglese, su gentile suggerimento di Helgaldo che, girandomi il link, mi ha risparmiato di andare a cercarmi la versione digitale.
Ops, scusate: non ho ancora detto di quale racconto si tratta. Sto parlando de La valle della paura, di Arthur Conan Doyle.
Io personalmente, dal basso della mia esperienza editoriale e dall’alto della mia fresca indagine di lettura, mi sono fatto l’idea di essermi imbattuto in un refuso.
Purtroppo è difficile (anzi: credo impossibile) sapere se si tratti di un refuso originale di sir Arthur o di un errore introdotto nella notte dei tempi da qualche anonimo editor che ha fatto le ore piccole in una delle decine e decine di trascrizioni e traduzioni che, presumo, si sono susseguite nel corso degli anni. Il racconto in oggetto, infatti, è uscito nel 1915, quindi un po’ più di qualche annetto fa.
La versione che ho acquistato io è una versione Newton Compton Editori, traduzione di Nicoletta Rosati Bizzotto, edizione integrale 2015.
Sempre il buon Helgaldo mi ha informato che un’altra versione Einaudi reca con sé i medesimi errori, mentre una versione Mondadori ha uniformato i nomi. Come dire: qualche traduttore ha tradotto “paro-paro” senza porsi nessun problema di logica, mentre qualche altro traduttore ha notato l’incongruenza e ha corretto ove necessario. Oppure, senza lasciarsi prendere da cattivi pensieri in merito alla scarsa professionalità altrui, alcune case editrici hanno fatto la scelta di mantenere inalterato il testo originale, mentre altre hanno corretto.
Ma non vogliamo fare le pulci a questo scrittore un po’ superficiale che si chiama, come ho detto che si chiama? Ah, sì, questo Arthur Conan Doyle. 🙂
I nomi sono importanti: servono al lettore per seguire bene il susseguirsi delle vicende narrate. E’ fondamentale scegliere dei nomi che, anche “graficamente” (quindi per lunghezza, numero di lettere, lettera iniziale) siano ben distinti. Jack e John non vanno bene: stessa lunghezza, stesso numero di lettere, stessa iniziale. Infatti pare che tale assonanza abbia tratto in inganno, non dico il buon Arthur mentre scriveva, ma sicuramente qualche editore e traduttore.
Questo Jack McMurdo (che ogni tanto “diventa” John McMurdo e il lettore si chiede “Chi è? Il fratello? Il cugino?”) nel corso dell’intreccio deve assumere una nuova identità perché è in fuga. E quale nome mi sceglie l’autore?
Ancora Jack. Jack Douglas (che ogni tanto “diventa” John Douglas e il lettore si chiede “Chi è? … ….” ).
Per carità, le scelte dell’autore non si discutono. Ma un po’ di realtà nella finzione non guasta, anzi: dovrebbe contribuire a rendere più avvincente la lettura. Più credibile, più godibile.
E’ come se io mi chiamassi Marco Rossi e, avendo la necessità di assumere un’identità fittizia, decido di chiamarmi Marco Verdi. Sono credibile? Riuscirei veramente a far perdere le mie tracce? Difficile. A meno che non ci sia un preciso motivo che mi induca (o mi obblighi) a continuare a chiamarmi Marco di nome. Questo preciso motivo, nel corso della finzione narrativa costruita da Arthur Conan Doyle, a me è sfuggito. Non dico che è assente (anche se sono fortemente convinto), ma a me è sfuggito. Forse non sono stato attento, ma certamente i nomi (così simili, assonanti e a volte pure scambiati) non mi hanno aiutato.
Tornando ai nomi scelti dall’autore, come si chiama il suo principale antagonista? Jack! Jack McGinty. Avete capito bene: Jack (o John?) contro Jack.
Perdinci! Un po’ di fantasia nei nomi davvero non avrebbe guastato.
Mi chiedo se nel 1915 sia mai stato fatto un buon lavoro di editing.
Oppure a quei tempi non esisteva? Forse il mondo era diverso, completamente diverso.
Forse sir Arthur ha pubblicato in self, magari aveva qualche parente tipografo… 😀
Ok, stavo scherzando ed è ora di smetterla. Dopotutto stiamo parlando solo di due nomi: Jack e John.
Ma avrebbero potuto essere Morgan e Ethan. Oppure Jasmine e Colette ( 🙂 ).
In fondo in fondo (ma proprio in fondo) non hanno danneggiato la bontà del racconto, che in ogni caso suggerisco come ottima lettura per chi ama il giallo.
Il buon Helgaldo si è posto però questa domanda: l’editoria inglese è davvero peggio dell’editoria italiana?
Non lo so, è una domanda troppo sottile per il mio cervello grezzo.
Per chi volesse approfondire in autonomia questo curioso caso senza farsi traviare dalle mie congetture, di seguito trova il link alla versione digitale in inglese:
https://sherlock-holm.es/stories/pdf/a4/1-sided/vall.pdf
Nella suddetta versione, l’errore è evidente leggendo solo le pagine 42 e 43 dove si trovano due dialoghi in cui il personaggio in questione si presenta a due diversi interlocutori.
A pagina 42 dice “I’m brother John McMurdo”.
A pagina 43 (quindi subito dopo) invece dice “My name’s Jack McMurdo”.
Post Scriptum
Solo un’ultima cosa per Helgaldo, se mai dovesse passare di qua.
Darius o Dariush ? 😀
Devo essermi perso il tuo post, perché lo noto solo ora…
In passato ti ho chiamato più volte Dariush anziché Darius, e fatico tuttora a non aggiungere l’acca al tuo nome. Come mai? Darius è sicuramente più semplice. E allora perché mi complico la vita? Forse non so leggere il tuo nome? No, è che spesso i refusi hanno una qualche giustificazione nella vita reale, una storia alle spalle. Proprio così, una storia che si lega con la mia storia di lettore. C’entra quindi con la lettura e come vedi si ricollega con la serie dei tuoi post su Conan Doyle. Magari li hai scritti proprio per sottopormi la domanda odierna e permettermi un aneddoto che ti coinvolge inaspettatamente.
Devi sapere che uno dei più noti illustratori dell’editoria si chiama Dariush, proprio così, con l’acca. C’è chi legge solo le parole e chi va a leggersi persino i disegni. Helgaldo legge anche quelli, proprio onnivoro. Radpour Dariush è il suo nome completo. Non so se è un nome vero o un nome d’arte. Questo illustratore si è ritrovato spesso a effigiare i volti degli scrittori, soprattutto del passato. Lo usano tantissimo i giornali. Così, a occhio – un tipo di lettura necessaria in questo caso – ritrovi le sue illustrazioni sulla Stampa, sul Corriere, sul Giornale, forse anche Repubblica. Credo che cercando su internet trovi alcuni suoi lavori in campo editoriale. Ha un bel tratto e firma sempre i suoi disegni proprio con Dariush. Ecco spiegato l’arcano della mia distrazione. Mi viene più naturale associarti al nome che mi è più familiare che dover pensare all’eliminazione dell’acca tutte le volte che ti nomino, anche solo nei miei pensieri. Almeno in quelli, prima dello scritto, sei “Dariusc”, ti pronuncio in questo modo.
Mi chiedo se Conan Doyle abbia sbagliato (o no) in base a qualche motivo personale, un po’ alla Darius-Dariush. Potresti organizzare una seduta spiritica e chiederlo direttamente. 🙂
Ecco svelato l’arcano. Immaginavo una “pseudo-omonimia” del genere.
Quanto a Conan Doyle, penso che non lo potremo sapere mai… Anche organizzando una seduta spiritica credo che il buon Arthur non si possa ricordare un dettaglio del genere considerando tutta la sua produzione letteraria… 😀