darius tred, estratto“Quello è il peso corporeo” aveva detto Katherine. Il respiro dell’uomo diventava più superficiale, e Peter si era sporto in avanti, impietrito.”E’ quello che desiderava lui” aveva sussurrato Katherine. “Guarda cosa succede.”
La moglie nel frattempo aveva fatto un passo indietro, si era seduta sul letto e lo guardava in silenzio insieme all’infermiera. Nel corso dei sessanta secondi successivi, il ritmo della respirazione superficiale dell’anziano professore aveva accelerato; poi, a un tratto, come se lui stesso avesse scelto il momento, l’uomo aveva esalato l’ultimo respiro. Tutto si era fermato. Era finita. La moglie e l’infermiera si consolavano sottovoce a vicenda. Non succedeva nient’altro.
Dopo qualche secondo, Peter aveva guardato Katherine con un’espressione chiaramente confusa. Aspetta, aveva pensato lei invitandolo a fissare di nuovo il display digitale della capsula, ancora acceso a indicare il peso dell’uomo appena morto. E poi era successo.
Quando Peter se n’era accorto, aveva fatto un balzo all’indietro, cadendo quasi dalla sedia. “Ma… quello è…” Si era coperto la bocca scioccato.
“Non posso…”
Succedeva raramente che il grande Peter Solomon rimanesse senza parole. Anche Katherine aveva avuto la stessa reazione la prima volta che aveva visto quello che era accaduto. Qualche istante dopo la morte dell’uomo, i numeri sulla bilancia erano cambiati. Lui era diventato più leggero subito dopo aver esalato l’ultimo respiro. La variazione di peso era minima, ma misurabile… e le implicazioni erano decisamente inconcepibili. Katherine si ricordava che, mentre guardava il video nel laboratorio, aveva scritto i suoi appunti con mano tremante: “Sembra esserci un ‘materiale’ invisibile che esce dal corpo umano al momento della morte. Ha massa quantificabile, non ostacolata da barriere fisiche. Devo ipotizzare che si muova in una dimensione che non riesco ancora a percepire”. Dall’espressione scioccata sul volto del fratello, Katherine aveva capito che anche lui comprendeva il significato di ciò che aveva visto.
“Katherine…” aveva balbettato sbarrando gli occhi grigi come per sincerarsi di non sognare. “Penso che tu abbia appena pesato l’anima umana.”

Tratto da Il simbolo perduto, di Dan Brown

6 commenti su “Il peso dell’anima

  1. C’era voluto poco, però, per trarre alcune conseguenze: se l’anima aveva un peso questo significava che era in grado di interagire con il campo gravitazionale. Ergo, per quanto flebile, aveva pure una massa. Massa che, per quanto eterea, in mancanza di un sistema propulsivo di un qualche tipo, non avrebbe potuto opporre nessuna resistenza al campo gravitazionale terrestre, finendo non tanto per volare ma per inabissarsi con accelerazione pari a novevirgolaottantunoerotti metri al secondo quadro in direzione dello Stige. Altro che Paradiso: il centro del pianeta, oltre a ribollire per le radiazioni del decadimento dell’uranio, che ne spingevano la temperatura ben oltre a quella presente sulla superficie del Sole, ribolliva anche per milioni di anime tombate per sempre al di sotto delle viscere del mantello terrestre.
    Anime che uno dopo l’altra avrebbero aggiunto gravità a gravità. E, se tanto mi dà tanto, la Materia Oscura che nessuno era in grado di mostrare ma che propagava i propri effetti gravitazionali per tutto l’Universo stava là a dimostrare che forse l’Intelligenza no, ma l’Anima era una merce ben distribuita nei miliardi di anni luce dello spazio osservabile…

    1. Peccato che lo spazio osservabile era – è – ben poca cosa rispetto allo spazio non osservabile e che quest’ultimo è tale non tanto per una questione di distanza quanto per una questione di apertura mentale. Infatti molte anime, pur essendo ben distribuite sotto i nostri occhi, restano stranamente al di là di questa linea immaginaria – e soggettiva – che ci vela lo sguardo precludendoci l’osservabile. La Materia Oscura, inoltre, pur suggerendo l’equa distribuzione delle anime, reca con sé l’enigmatico legame con l’Energia Oscura dalla quale è distinta ma altrettanto insondabile. Senza dimenticare il carico di incognite portate alla ribalta dalla Fisica Quantistica. Tutto ciò basta e avanza per appensantire, appunto!, l’anima dell’ignaro scienziato che decide di avventurarsi verso le più remote frontiere della scienza.
      Ecco.

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      1. Al di là (o aldilà?!) di tutto, devo comunque osservare che non so decidere se siano più risibili le idee per i libri di Dan Brown oppure la scrittura “per sé” di Dan Brown.

        1. Al di là o aldilà? Domanda insidiosa. Posso cavarmela dicendo “oltre” ? 😛

          Considera che i brani che mi segno sono selezionati unicamente perché mi incuriosiscono.

          Spesso mi incuriosiscono più per l’idea (che non necessariamente condivido, ma comunque trovo “curiosa”) che per la scrittura. Poi, al solito, tutto è soggettivo: ciò che è curioso per me, non lo è per altri. Ciò che è interessante per me, è risibile per te.
          Ma questo è il bello del confronto: non sai mai cosa ne viene fuori… 😉

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  2. L’ho letto senza ricordarmi di averlo già letto… 😛
    Perché non mi colpì tanto questo passo? Perché l’idea del peso dell’anima è vecchiotta ormai, risale ai primi del ‘900, fu pubblicata pure sul New York Times e da allora si susseguono le teorie su cosa sono quei 21 grammi e dove se ne vanno. L’unico che può sapere la verità è Egon Spengler… 😉

    1. “I famosi 21 grammi che vanno. E che, a volte, ritornano…”

      (Ho trascritto un commento di Emme: eravamo davanti al pc proprio mentre è arrivato il tuo commento… 😛 )

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