darius tred, estrattoIl console mi aveva guidato attraverso un magnifico giardino – di cui purtroppo non ricordo il nome – a “incontrare” tre alberi sopravvissuti alla bomba. Li ricordo benissimo: un ginkgo (Ginkgo biloba), un pino nero giapponese (Pinus thunbergii) e un muku (Aphananthe aspera), tre alberi molto comuni in qualunque giardino giapponese. Il ginkgo era vistosamente piegato in direzione del centro città, il pino nero aveva una considerevole cicatrice sul fusto, ma tutto sommato stavano benissimo. Alberi normali all’apparenza, se non fosse stato per l’evidente sentimento di rispetto e, direi, di affetto che suscitavano nelle persone che erano lì a “incontrarli”. Due anziani signori (probabilmente marito e moglie) si erano accomodati, su due seggioline portatili, di fronte al ginkgo ed erano impegnati in una lunga conversazione con l’albero. Un ragazzo lo aveva velocemente abbracciato prima di continuare la sua passeggiata. Chiunque, passando accanto agli alberi, sembravano conoscerli bene e molti, dai bambini agli anziani, si inchinavano profondamente. Su ogni Hibakujumoku, unica caratteristica che li distingueva dagli altri alberi, era appeso un cartellino giallo. Domandai al console cosa c’era scritto.

“Proverò a tradurglielo. Dice più o meno che siamo di fronte ad un albero che ha subito un bombardamento atomico. Poi riporta la specie vegetale e infine la distanza dall’ipocentro dell’esplosione”, mi rispose indicando il fiume. “L’esplosione è avvenuta laggiù dove il fiume si biforca, esattamente a 1370 metri da qui”.

Quel giorno visitai molti degli Hibakujumoku di Hiroshima, avvicinandomi via via al luogo dove per la prima volta un ordigno atomico era stato utilizzato contro una popolazione inerme. […] Avvicinandomi al centro del disastro, gli Hibakujumoku iniziavano a diminuire. […] Nessuna speranza che alcunché potesse essere sopravvissuto a quella distruzione. Lo feci presente al console, che rispose sorridendo: “Uomo di poca fede. La vita vince sempre! Mi segua”.

[…] Lì davanti a noi, sulla riva del fiume svettava il campione degli Hibakujumoku, un salice piangente (Salix bibilonica) ricresciuto dalle radici rimaste vive sottoterra. Il suo cartellino indicava 370 metri dall’ipocentro.

Tratto da L’incredibile viaggio delle piante, di Stefano Mancuso.

 

2 commenti su “Il giardino di Hiroshima

  1. Li ho visti in un documentario e ho trovato meraviglioso il messaggio di speranza di questi alberi. Il terreno, Madre Natura, li ha protetti.

    1. Sarebbe bello andare a vederli di persona. Peccato che il Giappone sia dall’altra parte del mondo… 😛 . Però, se mai mi dovesse capitare di andarci, sicuramente farò tappa…

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