Tuttavia sapeva perfettamente che spesso quei messaggi comunicavano catastrofi: il fallimento di un lancio, la cattura di un agente, il tradimento di un doppiogiochista. Ma questo, si diceva Mildred, non la riguardava direttamente. Lei doveva solo trascrivere esattamente i punti e le linee, riconoscere il polso del trasmettitore e verificare la security check.
La trasmissione durò dieci minuti. Alla fine Mildred rilesse il messaggio in Morse, lo trascrisse diligentemente su un altro foglio, lo mise in una busta e lo portò, secondo gli ordini, al suo capitano.

Ho letto da più parti che gli avverbi di modo sono da evitare il più possibile. Devo essere onesto: quando buttavo giù i primi scritti non ci facevo molto caso e ne usavo troppi. Poi in fase di revisione e rilettura emergevano le ripetizioni di quel “-mente” e riscrivevo le frasi quel poco che bastava per eliminarli ove possibile. Ho acquisito questa abitudine anche perché intanto leggevo su altri blog che sarebbe meglio evitarli del tutto o al massimo usarne pochissimi. Secondo alcuni, fanno “inciampare” la lettura e per accorgersene è utile rileggere i propri scritti a voce alta. Pur avendo fatto tesoro di queste dritte non riesco a fare a meno degli avverbi, non solo quando scrivo ma anche quando parlo.

Sarò limitato io, può essere. Del resto sono uno scribacchino esordiente… 😀

Ma poi, leggendo, mi imbatto spesso in brani come quello sopra riportato: undici righe, quattro avverbi, alcuni vicinissimi. Per la cronaca è tratto dal romanzo Overlord, di Carlo Nordio, edito da Mondadori.

Se fosse una leggerezza, potrei “permettermela” io che sono (ripeto) scribacchino, esordiente, selfer 😀 e tutto il resto. Certo non un autore edito da Mondadori alle cui spalle (immagino) ci deve essere stato un gran lavorio di editing, correzione bozze e quant’altro (stiamo parlando di un romanzo storico).

Il brano non è stato scelto dal sottoscritto per sostenere i miei dubbi ma è stato estrapolato quasi a “caso”. In altre parole: l’autore ha fatto un uso abbastanza disinvolto degli avverbi. Certo: non ha esagerato. Ma non li ha nemmeno centellinati.

Ma forse il punto è proprio questo: è una leggerezza l’uso parsimonioso degli avverbi? Cosa mi sfugge?

Nonostante tutto, questo tarlo non mi ha impedito di apprezzare la lettura: il romanzo è molto ben scritto e storicamente accurato (perdonate l’avverbio… 😛 ). Forse è proprio questa la risposta? L’uso parsimonioso degli avverbi non influisce negativamente (ops…) sull’esperienza di lettura di chi legge…

Forse sì, forse no.

Secondo me, no. 😀

12 commenti su “Dubbi in mente

  1. È un po’ come l’uso degli aggettivi o del gerundio (questa, invece, è una cosa che io non capisco molto). Mi rispondo dicendo che è nei fatti, che l’esordiente possa permettersi meno libertà di altri scrittori già affermati (anche se io non so chi sia Carlo Nordio), che spesso chi valuta usa queste regole come espedienti o scuse per dire “arrivederci e grazie”. In tutta franchezza, gli avverbi non piacciono tanto nemmeno a me, ma ho dovuto accorgermene a mie spese (anche nel mio romanzo ne uso molti) e poi il campanellino mi è rimasto acceso leggendo una certa storia… 🙂

    1. Dev’essere stata proprio una storiaccia, quella che hai letto.
      E se l’hai liquidata, hai fatto solo bene… 😀

      Comunque la tua è una risposta più da scrittrice che da lettrice. Giustamente, sottolinei che è “nei fatti” che all’esordiente non è concesso tutto. Lo sai perché appunto sei anche scrittrice, non solo lettrice.

      Io ho cercato di pormi la questione più da lettore sottolineando che (a fine lettura ma anche durante), comunque, l’uso di avverbi non guasta poi così tanto il risultato finale. E anche questo è un “fatto” visto che lo si vede nei libri editi da case editrici di un certo calibro (Mondadori).
      Senza voler scadere in dietrologie del tipo “editing fatto male”…

  2. Anche King dice di limitare l’uso degli avverbi, che sono il male, però anche lui ammette che qualche volta non riesce a farne a meno. Il problema comunque è sempre quello: agli scrittori affermati è concesso tutto, perchè oramai hanno pubblico e vendite assicurate; agli scribacchini si fanno le pulci, a prescindere.

    1. King? Who is King? 😀 😀 😀
      Certo che ascoltare consigli da un telecronista sportivo fallito… non siamo messi bene.
      Scherzo, naturalmente…

      Da bravo ribelle, non capisco per quale motivo certe “pratiche” possano essere concesse agli scrittori affermati e non agli esordienti (a parte le convenienze di marketing e vendibilità, dico). O meglio: come dice Marina posso accettare che sia un espediente al quale, chi valuta, si attacca per dire “arrivederci e grazie”. Ma sarebbe una scusa usata per liquidare via esordienti molesti, specie se si ha poco tempo. Non sarebbe un “metro di misura” oggettivo e universale (anche se chi valuta non potrà mai farlo senza un minimo di soggettività inconscia…).

      Se un testo è ben scritto, è ben scritto. Punto.
      Non dovrebbe importare il fatto che sia stato scritto da un esordiente o da uno scrittore affermato.
      Posso capire che sia utopistico pensarlo.

  3. Probabilmente hai ragione, chiaramente non mi pongo il problema quando scrivo, forse erroneamente, anzi sicuramente, oooops. Scherzi a parte, mi piacciono le storie, se sono belle perdono molte cose. Alle volte è necessario leggere con spirito leggero. La narrazione è come la brezza di una bella giornata di primavera in riva al mare, qualche bruscolino fastidioso portato dal vento non mi impedisce di apprezzare il momento.

  4. Io sono del parere che certe regole (che non sono regole) siano proclamate tanto per dir qualcosa.
    Gli avverbi in mente ci stanno, e se servono vanno utilizzati. Ma appunto se servono.

    Nel caso del brano che hai proposto, l’unico vero avverbio che arricchisce il testo è il primo:
    Tuttavia sapeva perfettamente che spesso quei messaggi comunicavano catastrofi…

    Se lo omettiamo, la frase regge benissimo, ma perde una sfumatura efficace:
    Tuttavia sapeva che spesso quei messaggi comunicavano catastrofi…

    Viceversa se andiamo a omettere gli altri tre, il testo diventa più scorrevole e ciascun avverbio non ha una reale utilità.

    …Ma questo, si diceva Mildred, non la riguardava. Lei doveva solo trascrivere i punti e le linee, riconoscere il polso del trasmettitore e verificare la security check.
    La trasmissione durò dieci minuti. Alla fine Mildred rilesse il messaggio in Morse, lo trascrisse su un altro foglio, lo mise in una busta e lo portò, secondo gli ordini, al suo capitano.

    Quindi, da principiante scrittore, già al terzo romanzo finito (ma di cui pubblicati zero), trovo nell’affrontare gli avverbi, una rilassatezza, che in principio, imbacuccato dalle regole dei sapientoni, non avevo.

    Nella mia iniziale crociata agli avverbi perché lo dicevano le regole, ero arrivato al punto di modificare:
    Procedeva lentamente
    con
    Procedeva con lentezza

    Beh, fesserie, procedeva lentamente, non ha bisogno di modifiche o di razzismo, solo perché è un avverbio.

    Se un avverbio serve, è specifico, si utilizza, se non serve, si elimina, ma non perché fa schifo, ma perché come ogni parola di troppo che rallenta il testo, è inutile.

    1. Niente da dire: analisi ineccepibile. 😀
      Concordo sul fatto che qualche avverbio di troppo possa rallentare il testo. Un po’ meno se qualcuno dovesse dire che lo rende illeggibile.

      Ma se dovessimo allargare il ragionamento su ogni singola parola (e non solo sugli avverbi) di parole inutili in un testo se ne troverebbero sempre molte. E’ probabile che ogni lettore individui come inutili parole che qualcun altro lascerebbe. E qui penso che il discorso sfocerebbe in pareri troppo soggettivi. Non se ne verrebbe più a capo. 😛

      Per farla breve: non mi trovo d’accordo con chi dice che gli avverbi di modo devono essere banditi.
      Quando ci vogliono, ci vogliono. Quindi penso che siamo sulla stessa linea di pensiero… 😉

  5. Io difendo gli avverbi in -mente a spada tratta… mi piacciono, danno musicalità alla frase e spiegano bene quel che si vuole dire.
    Sono curiosa di vedere se quando manderò qualcosa a un editor professionista mi sarà chiesto di eliminarli/ridurli.

    1. Buongiorno, Lisa! 😀

      Anche io li difendo nel senso che non mi piegherei a eliminarli del tutto. Sarei curioso anche io di sapere che cosa potrà mai dirti un editor professionista quando ne avrai occasione. Io penso che dipenda dall’editor con cui avrai a che fare perché il libro che ho citato non è l’unico che mi è capitato di leggere con diversi avverbi…

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