“Quelli che non potrai mai dimenticare di aver letto e che probabilmente rileggerai ancora e ancora. Posta solo la copertina non aggiungere spiegazioni.”
Qualcuno (non si fanno nomi, solo cognomi: Guarneri! 😀 ) ha pensato bene di risucchiarmi in questo giochino estivo che sta imperversando su Facebook. Niente da dire: parteciperei volentieri, ma…
Ho la faccia di uno che può postare copertine di libri senza aggiungere spiegazioni? 😀
No. Certo che no. Quindi farei molto fatica a partecipare attivamente a questo meme…
Ma, in fondo in fondo (ma proprio in fondo…), i motivi sono altri. Farei fatica a identificare 10 libri perché quelli che mi sono piaciuti sono molto più di 10. Molti hanno contribuito a formare, non dico il mio pensiero, ma alcune mie opinioni su diversi argomenti. Quindi sì, non li dimenticherò, ma sarei esagerato se affermassi che mi hanno cambiato la vita. Diciamo semplicemente che ognuno mi ha insegnato qualcosa.
Potrei partire citando la Bibbia ma prima che qualche sopracciglia si inarchi con un “vabbè, cambiamo aria”, aggiungo subito una sfida: provate a leggere la Bibbia in ebraico antico, cioè nella sua lingua originale. E se deciderete di accettare questa sfida con voi stessi, abbiate cura di cercare la versione più antica, ancora più antica del Codice di Leningrado.
Forse qualcuno non sa cos’è il Codice di Leningrado. La faccio breve: è solo una delle tante versioni originali della Bibbia, l’unica dalla quale derivano tutte le traduzioni moderne. Vi lascio immaginare le altre ma, qualunque opinione abbiate della Bibbia, sappiate solo di avere a che fare con la classica punta dell’iceberg.
Ovviamente io non conosco l’ebraico antico ma posso garantire che se si sa cercare bene, si verrà ricompensati con letture che riserveranno sorpresa autentica e pura.
Certo, poi nessuno ha la verità in tasca.
Ma uno degli insegnamenti è proprio questo: “nessuno ha la verità in tasca”… 😛
Ecco perché, almeno in questo caso, postare la copertina della Bibbia senza aggiungere spiegazioni non avrebbe senso. Per il resto potrei andare avanti a citare altri titoli e copertine, ma senza spiegazioni si perde il bello della conversazione, vale a dire la parte bella di un tè in compagnia quando si parla con qualcuno di libri, del perché ci sono piaciuti e di cosa ci hanno permesso di scoprire.
Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei.
Quante volte avete sentito questa frase? In quante varianti vi siete imbattuti? Decine. Ci scommetto.
Ma questa – dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei – è una variante delicata.
Ho capito da tanto tempo che in alcune circostanze dire apertamente cosa si legge o cosa si è letto si rischia seriamente di essere inquadrati in determinate “categorie culturali” (le virgolette stanno a sottolineare un eufemismo).
Capita di incontrare, nella vita di tutti i giorni, persone invasate, sicure delle proprie convinzioni scientifiche/storiche/politiche/religiose, persone che si comportano come se avessero la verità in tasca. Persone che però – qualora si avesse la malaugurata idea di instaurare anche solo una bozza di conversazione su determinati argomenti – si vedono sgretolare quelle poche certezze che hanno (o meglio: che credono di avere) di fronte a un paio di domande finemente – e cinicamente – calibrate. E se per sbaglio – sempre nella bozza di conversazione – si citassero un paio di libri o anche solo un paio di autori, apriti cielo.
Cope e Travis. E le finte certezze.
Propongo qui, giusto per sdrammatizzare un po’, un gustosissimo brano tratto da I cercatori di ossa, romanzo di Michael Crichton ambientato nell’Ottocento nel Far West americano. I due protagonisti sono uno scienziato e un predicatore…
Cope organizzò le case di legno dei fossili, imballando nuovamente quelli non abbastanza al sicuro dai saccheggi degli stivatori del battello. Isaac si prese cura di Stenberg, che delirava senza sosta; gli preparò un tè a base di corteccia di rami di salice, un rimedio contro la febbre, disse. Morton diede una mano a Cope.
Sei o sette passeggeri aspettavano il vapore a Cow Island. Fra loro c’erano un agricoltore mormone di nome Travis e il suo giovane figlio, venuti nel Montana per diffondere il vangelo fra i coloni. Non avevano riscosso molto successo ed erano contrariati.
“Cos’ha in queste casse?” chiese Travis.
Cope alzò gli occhi. “Ossa fossili.”
“A che servono?”
“Le studio.”
Travis scoppiò a ridere. “Perché studiare ossa quando può studiare animali vivi?”
“Queste sono ossa di animali estinti”, spiegò Cope.
“Non è possibile.”
“Perché no?”
“Lei è un uomo timorato di Dio?”
“Sicuro.”
“Crede che Dio sia perfetto?”
“Certo.”
Travis rise di nuovo. “In tal caso deve riconoscere che non possono esserci animali estinti, perché nella sua perfezione il Signore misericordioso non permetterebbe mai che una famiglia di sue creature si estinguesse.”
“Perché no?” chiese Cope.
“Gliel’ho appena detto.” Travis pareva scocciato.
“Mi ha appena riferito la sua convinzione su come Dio gestisca i suoi affari. E se invece Dio raggiungesse per gradi la sua perfezione, scartando le passate creazioni per forgiarne di nuove?”
“Questo lo possono fare gli uomini, perché gli uomini sono imperfetti. Dio no, perché Egli è perfetto. C’è stata una sola creazione. Crede che Dio abbia compiuto degli errori nella sua creazione?”
“Ha fatto l’uomo. Non ha appena detto che l’uomo è imperfetto?”
Travis lo guardò storto. “Lei è uno di quei professori, di quei pazzi istruiti, che si è allontanato dalla retta via per approdare all’empietà.”
Cope non era dell’umore giusto per addentrarsi in una discussione teologica. “Meglio un pazzo istruito che un pazzo ignorante”, buttò lì.
“Lei si è messo al servizio del diavolo”, ribattè Travis, assestando un calcio a una cassa di fossili.
“Lo faccia un’altra volta e le spacco la testa.”
Travis sferrò un calcio a un’altra cassa…
Che fine ha fatto il povero (?) Travis ve lo lascio scoprire da soli qualora decideste di leggere il romanzo.
Il punto, dicevamo, è che in questo genere di discussioni si passa poi a mettere in discussione l’autore, lo studioso, lo scienziato. O la teoria, le ipotesi, le supposizioni. Oppure si viene tacitamente criticati con la classica frase “Non dovresti leggere quella roba”.
Ah, no? E perché? Tu l’hai letta? No, penso. Altrimenti saresti in grado quantomeno di sostenere una conversazione. Risponderei così, a volte. Ma il più delle volte mi limito solo a pensarlo, questo batti e ribatti: sono una brava persona e non mi piace mettere in crisi la gente.
Certe persone (e parlo soprattutto di bravissime persone, squisite e buone d’animo) hanno bisogno di avere certezze su cui poggiare la propria quotidianità spiccia, i propri rituali sedimentati da annose abitudini, rituali che hanno permesso loro di acquisire comunque un’inestimabile saggezza di vita. Moltissime persone, quindi, non sentono nemmeno l’esigenza di farsi certe domande.
Perché pretendere che siano anche in grado di concepire risposte?
Resta comunque il fatto che, se hai vissuto per decenni in un ambiente con determinate prerogative religiose, culturali, politiche di un certo tipo, certa “roba” non la dovresti leggere.
Punto.
Devi pigliarti la verità calata dall’alto. Meglio se lo fai senza fare troppe domande scomode, meglio se lasci tranquille le pseudo-certezze altrui.
Il tabernacolo.
Ecco quindi che #i10libridellamiavita , cioè quelli che leggerei e rileggerei ancora e ancora, sono ben più di 10. Ma sono tutti nel tabernacolo, vale a dire una piccola libreria privata che tengo in camera mia, lontana dagli occhi indiscreti degli ospiti, che siano amici di lunga data o visitatori occasionali.
Non sono libri che tengo nascosti: sono libri che vanno spiegati, che vanno raccontati. Non basta vederne il titolo ma occorre parlarne, spiegare perché li ho letti, cosa mi hanno dato, cosa mi hanno fatto capire.
Nelle librerie in sala invece ci stanno tutti gli altri libri, quelli utili e futili, quelli che vanno bene per innescare le classiche conversazioni che sbocciano quando si notano certi titoli in bella vista.
Senti, fa un po’ caldo per il tè in compagnia. Tu prendi pure il tè, io posso prendermi uno yoghurt fresco con frutta? O un frappé? Via, esageriamo, pure la panna ci metto! 😀
Interessante il dialogo di Cope con Travis, penso che quest’ultimo sia finito dentro la terza cassa, quella ancora vuota…
E’ più facile accettare una verità calata dall’alto, soprattutto nella sicurezza della massa, dove ci si sente compresi e protetti, che vagare faticosamente nel buio delle incertezze alla ricerca di vere risposte, in solitudine e derisi dagli altri. E in genere all’Uomo non piace far fatica.
Io i libri li tengo tutti insieme, ma c’è talmente tanta roba che quelli più pericolosi, compreso un libro di magia antica, sono invisibili, pur essendo sotto il naso a tutti.
Hai ragione: meglio un frappè o una granita. È che io ho l’abitudine di far raffreddare il tè prima di berlo. Quindi per me è sempre fresco… 🙂
Ho letto libri che mettono in discussione pure la relatività di Einstein. E non sono niente male come logica: peccato che il mondo accademico rema contro a prescindere. Eppure lo stesso Einstein aveva ribaltato quelli prima di lui con la sua relatività. E forse sarebbe stato il primo a mettere in discussione la propria teoria. Ma è troppo difficile pensare da zero, hai ragione. Molto più facile prendere le presunte verità altrui senza prendersi la briga di verificarle… 😛
Beh, sono piacevolmente sorpresa: senza smentirti sul fatto di reimpostare le regole di un gioco, hai fatto del meme sui libri un post.
E, alla fine, il decalogo c’è, ma è gelosamente custodito nel “taohbernacolo” della tua camera…
Grazie per avere raccolto il passaggio di consegne, anche se speravo di leggere qualche titolo, sotto l’ombrellone. 🙂
Il taohbernacolo è un evidente errore, ma è sfruttabile, che dici? 😀 : D
Sotto quale ombrellone ti trovi per avere la connessione wi-fi?? 😀
Comunque, grazie a te.
Alla fin fine, nel mio “taohbernacolo” non è che ci siano poi chissà quali titoloni innominabili.
È solo che vanno spiegati per evitare cortocircuiti da pregiudizio.
Ti snocciolo un titolo al volo che, credo, sarà sempre al di fuori delle tue rotte narrative: Il libro dell’amore, Kathleen McGowan. La sola copertina basta e avanza per suscitare complottismo e tenere alla larga intere legioni di lettori-Travis.
Ma se si ha la voglia di trasformarsi in lettore-Cope… ecco, secondo me non si resterà delusi.
“…sono libri che vanno spiegati, che vanno raccontati…”
Sono qua che aspetto.
😀
Chissà, magari prima o poi ci incroceremo in uno di quei bei ristorantini di cui posti su Facebook. E potremo disquisire su qualche titolo a cena… 🙂
Fortuna (o forse occasione mancata) che non mi capita da tanto tempo di avere disquisizioni letterarie con certi parrucconi; nella mia cerchia più intima non ci sono certo soggetti qualificabili come lettori finemente acculturati; tuttalpiù, quando mi capita di tirare fuori che di recente ho letto una monografia sui Sumeri mi guardano con indifferenza e si girano dalla parte opposta, del tutto disinteressati. Le signore, di gran lunga più istruite, mostrano invece un forte apprezzamento nei confronti delle mie attitudini (come dire che nella terra dei ciechi è beato anche un povero guercio); apprezzamento che si può tranquillamente considerare un giudizio (dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei).
In ragione al tuo commento su Einstein: confermo che il caro, vecchio Albert è arrivato a cestinare la teoria (propria) della Costante cosmologica, utilizzata nell’ambito della Teoria della relatività generale a parziale giustificazione di un universo statico, bollandola come “Il più grave errore della mia vita”, influenzato dagli studi di Edwin Hubble (quello della famosa legge omonima che dimostra come l’universo sia in realtà in espansione). Se solo sapesse che alla luce di nuove scoperte la “sua” Costante cosmologica si è rivelata essere corretta e che viene utilizzata dai fisici contemporanei per giustificare la teorizzata presenza dell’energia oscura e i possibili effetti di questa sull’accelerazione dell’espansione dell’universo… 🙂
Il buon Einstein non aveva problemi a rivedere le proprie teorie o ad ammettere i propri errori. Il problema risiede in un’ampia platea di fisici e accademici vari di oggi che hanno dogmatizzato la teoria della relatività: discutere con loro mettendo in discussione la relatività equivale a bruciarsi la credibilità e/o la carriera accademica.