Scribacchiando qua e là c’è un problema che mi ritorna a galla spesso: il genere narrativo. Potrebbe sembrare un problema frivolo ma spesso non lo è, specialmente quando devo indicare la categoria in cui collocare un mio racconto, quando devo decidere le parole chiave con cui farlo trovare o anche, più “semplicemente” quando devo rispondere alla domanda diretta posta da qualcuno.
Potrebbe essere un problema di identità? Forse sì ma, in pratica, non mi blocca in alcun modo quando decido di scrivere: scrivo e basta.
Ma la domanda torna spesso: di che genere sono le mie storie?

Fantasy

Storie di fantasia, lo sono sicuramente. E il motivo è tanto semplice quanto ovvio: sono storie inventate di sana pianta, frutto della mia fantasia, della mia immaginazione. Tuttavia ho delle fortissime remore a usare il termine “Fantasy” perché purtroppo questo richiama elementi che ormai fanno parte dell’immaginario collettivo, complice il successo epocale di libri ormai diventati cult e di eserciti di scrittori (senza fantasia! 😛 ) che hanno sperato di replicare tale successo cambiando solo mappe e nomi. Insomma se dico a qualcuno che scrivo fantasy devo aggiungere quasi subito, parlando col malcapitato, che non ci sono draghi, maghi, castelli, orchi, elfi, bene contro male, incantesimi, sortilegi ed eroi predestinati appartenenti alla categoria solo-lui-può-salvare-l’umanità.

Fantascienza

Le mie storie hanno una forte componente fantascientifica. Ma, come per il fantasy, la fantascienza soffre di un malessere analogo: l’immaginario collettivo, al sentire tale termine, accende con istinto pavloviano cliché consolidati da tempo. Futuro, viaggi spaziali, pianeti remoti, alieni, battaglie galattiche. Eppure un’etimologia estremamente spiccia del termine è piuttosto eloquente: fantascienza uguale fanta+scienza, vale a dire fantasia combinata alla scienza, storie a sfondo scientifico basate su scienza di fantasia, ovvero scienza non ancora scoperta. Come altro la potremmo definire? Scienza solo immaginata da fervide menti futuristiche come poteva essere quella di Jules Verne che aveva immaginato un sacco di cose prima del tempo.

Thriller, giallo e mistero

Spesso e volentieri mescolo insieme questi generi attingendo qua e là elementi che li contraddistinguono, pur riducendone le rispettive essenze ai minimi termini: il thriller è basato sulla suspense, in sostanza, mentre il giallo ruota attorno a un crimine. Il miscuglio che ne traggo è ben condito dal mistero. Quindi uno o più misteri ce li metto sempre e cerco di creare attorno suspense, tenendo il crimine sullo sfondo perché di solito non amo scrivere di morti e violenze. Per quello ho un concorrente imbattibile: la realtà 🙁 .

Romanzo storico

Sono un grande estimatore di romanzi storici. E ho una stima così grande che so bene di non essere in grado di scriverne perché il romanzo storico, secondo me, richiede una grande accuratezza nelle ambientazioni e nella narrazione. Di conseguenza, se non si ha una professionalità pregressa sorretta da studi di un certo spessore, reputo sia molto difficile scrivere un romanzo storico efficace, a meno che non si decida di avvalersi di consulenti selezionati. Eppure, nella mia ultima fatica letteraria che ho appena deposto nel cassetto di faggio, ho osato inserire un’ampia fetta storica per la quale mi sono letto diverso materiale di nicchia per documentarmi.

E quindi?

Ritorno al mio problema iniziale: di che genere sono le mie storie? Bel dilemma. Se guardo all’ultima storia che ho finito, il povero lettore si troverà una discreta componente storica recente (Seconda Guerra Mondiale), una più ampia fetta medievale, una venatura rosa, forti connotati fantascientifici (fanta + scienza, non pianeti remoti e alieni), elementi da giallo legati a crimini che, tenuti sullo sfondo, hanno fatto da perno all’intreccio, il tutto servito su un piatto fantasy (fantasia, non draghi, elfi ed eroi predestinati). Insomma: come farà il signor Algo Ritmo a classificare la mia storia? Al suo posto preferirei farmi la barba col silk-epil…

Ne consegue che, al momento, non ho ancora buttato giù lo straccio di una sinossi o di un testo papabile per la quarta di copertina. E, a proposito di copertina, non ho nemmeno partorito una bozza di bozza di bozza di idea. Insomma: mettere la parola “fine” non significa affatto finire una volta per tutte.

E quindi per ora il romanzetto riposerà ancora un po’ nel cassettino di faggio.

14 commenti su “Che razza di storia

    1. 😀 😀 😀
      C’è un negozio a Brunico dove fanno tutti questi oggettini di legno.
      Il cassettino di faggio che continuo a postare l’ho comprato due volte fa.
      Pensa che l’ultima volta che ci sono stato ho trovato un ceppo di legno con 12 cassettini.
      Non ho avuto il coraggio di comprarlo: 250 eurazzi.

      Ma se la prossima volta che ci vado lo trovo ancora là, lo compro: ho già messo da parte il salvadanaio pieno. Immagina quanti romanzetti posso metterci dentro.

      E soprattutto quanti post ci posso fare… 😀

      1. Secondo me 250 euro non è neppure tanto considerata la bellezza e la grandezza. Roba da infilarci le magliette di tutta la famiglia.

        1. Mmm, le magliette non ci stanno proprio in quel tipo di cassettiera: considera che non è più grossa di un melone.
          Dirai che allora non ci stanno nemmeno i manoscritti: no, non ci stanno nemmeno i malloppini di fogli A4 arrotolati.

          Però le chiavette USB ci stanno alla grandissima… 😀

  1. So che cerchi risposte e invece io ti do proprio ragione! Ma dove le collochiamo le tue storie, se proprio dobbiamo affidarle a un genere letterario? Io non sono dentro la materia in questione, ma potrebbero appartenere a qualche sottogenere? Ce ne sono così tanti! Hai provato a cercare qualcosa che si avvicini all’esercizio della tua fantasia?
    Comunque, questo ti dovrebbe consolare: scrivi cose uniche. Più ti leggo, più mi dico: “solo Darius potrebbe concepire racconti del genere!”
    Credo sia una narrativa di nicchia, la tua e che potresti arrivare molto più a un pubblico di lettori giovani (penso alle collane di libri che compravo ai miei figli, quando avevano 12 anni, fino ai 15): secondo me è l’età in cui si va pazzi per i misteri, le indagini, le stranezze, gli enigmi che necessitano di indizi. Tu, in questo, sei ferratissimo.

    E sulla cassettiera, concordo con Sandra: ogni volta che la vedo, i miei occhi si fanno a cuore! 😀

    1. Sei troppo buona… 😉
      Se devo essere sincero non ho mai esplorato i sottogeneri. Però qui si apre una questione filosofica: un romanzo come Timeline (di Crichton) che i più indicano come un tecnothriller, per me è un romanzo fantasy perché è fantasia allo stato puro. Con un mix di storia, scienza e… una venatura d’amore. Scommetto che non l’hai letto… 😛

      Quindi la questione filosofica è: è la storia che deve essere inquadrata in un genere (o sottogenere)? Oppure è il genere che si deve “adeguare” alla storia? Sì, lo so. In realtà il problema è più pratico che filosofico perché noi abbiamo sempre la necessità di catalogare tutto per trovare facilmente quel che ci serve…

      Invece per il pubblico confesso di aver pensato spesso a quella fascia d’età: 12 fino ai 20 anni. Direi anche 25 e qualcosina di più forse, perché noto che il mio nipotame, in pieno tempo universitario, è quasi a digiuno di certi argomenti… 😛

      La cassettiera ha il suo fascino… 😀
      Devo tornare a Brunico…

        1. Interessante. Non avevo considerato questo punto di vista. Io di solito vado a vedere di “cosa si tratta” quando il titolo mi cattura, indipendentemente dal genere…

          1. Si ma tu pensa al tizio che crede di amare allo i gialli che vanno per la maggiore. Se trova il tuo romanzo tra il genere “storici” manco ci bada. Ma questo mainstream, di cuore non sa nulla, lo incuriosisce. E tac, se hai scritto una buona sinossi o quarta di copertina, l’hai agganciato

            1. E’ vero, concordo. Però io credo che la chiave sia un mix perfetto di copertina, titolo e prime cinque righe della sinossi: ormai la maggior parte della promozione libraria è basata sull’immagine e l’occhio è attirato più da ciò che recepisce immediatamente che dal resto.

              A me capita di leggere sinossi di libri senza neanche guardare prima il genere a cui appartengono. Accade sia in libreria, sia con le stesse newsletter che mi arrivano via e-mail e che propongono sempre tutti i generi, non si limitano a un genere alla volta…

              Quanto alla sinossi, le prime righe sono fondamentali perché, specialmente on-line, le sinossi vengono visualizzate spesso in modo troncato, concluse dal link “leggi di più” o “approfondisci” o qualcosa del genere. Ecco: se già dalle prime righe non si cattura l’attenzione, spesso il lettore non clicca nemmeno per leggere tutta la sinossi. E passa oltre.

              E tutto questo indipendentemente dal genere a cui appartiene la storia: mainstream o altro.

  2. Per quel che ho capito finora, quando un romanzo tocca più generi, lo si inserisce in quello che è preponderante e/o che aiuta a vendere di più. Ne avevo già parlato discutendo del romanzo storico-fantasy-romance di Outlander, dove i viaggi del tempo lo inseriscono tra il fantasy, la storia d’amore tra i romance (ma non ne rispetta tutti i canoni) e l’ambientazione duecento anni indietro tra i romanzi storici. Alla fine è inserito nella categoria che gli fa vendere di più, il romance, sottogenere storico.
    Perciò per te direi Thriller, perché l’elemento del mistero lo caratterizza ed è tra tutte la categoria che ha maggior numero di lettori e vendite.
    Metterlo in un altro genere, come la fantascienza o il fantasy o il mainstream, dove i lettori cercano altro è un rischio: è vero che risalterebbe rispetto agli altri titoli e copertine, ma se un lettore di quei generi poi non è soddisfatto della storia (aspettandosi qualcosa di più simile alle altre letture della categoria) potrebbe ringraziarti con un feedback negativo. Certe strategie di marketing sono controproducenti.

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