Poteva essere una sottigliezza. Una banale disquisizione tra sinonimi. Una semplice puntualizzazione intellettuale tra sociologi. E invece no.
Ho dovuto convenire con me stesso che a volte i dettagli fanno differenza. Enorme differenza.
E a volte li ritrovi quando meno te li aspetti.
Ad esempio leggendo una rubrica di matematica su una rivista mensile che leggo di tanto in tanto, solitamente dedicata a piccoli rompicapo di natura matematica. Ebbene: mi sono imbattuto in una dissertazione sulla differenza tra conoscenza mutua e conoscenza comune. Pensavo di trovarmi di fronte, appunto, a due sinonimi, a due diverse terminologie per indicare lo stesso concetto.
Che differenza potrà mai esserci tra conoscenza mutua e conoscenza comune?
Provo a sintetizzare, sperando di non confondere le idee.
La conoscenza mutua è basata sull’ipotesi: dato un certo numero di persone, io ipotizzo che tutti siano al corrente di una certa informazione. Esempio (lo stesso della rubrica): Roma è la capitale d’Italia. All’interno del gruppo di persone che sto prendendo in considerazione, ipotizzo che lo sappiano tutti dato che è un’informazione solitamente ritenuta di dominio pubblico. La mia però è un’ipotesi.
La conoscenza comune, invece, è basata sulla certezza: dato un certo numero di persone e una certa informazione, io so per certo che tutti sono al corrente di tale informazione. Per inciso: io so che ogni persona sa, e ogni persona sa che io so.
La conoscenza comune di una certa informazione (o di un certo sapere) quindi si ha quando questa informazione è conosciuta con certezza – e condivisa – da tutti.
Questo, sintetizzato, è quanto riportato nella rubrica.
Scrittore e lettori
Ho provato a pensare a uno scrittore e a un determinato gruppo di lettori.
Lo scrittore si trova a scrivere una determinata storia con il chiaro intento di far pervenire ai lettori un certo messaggio, una certa verità. È chiaro che deve sviluppare l’intreccio in un certo modo, possibilmente con una certa efficacia. Per raggiungere i suoi lettori deve affidarsi alla loro conoscenza per svegliare il loro interesse. Ma su quale conoscenza può fare affidamento lo scrittore mentre scrive?
La conoscenza mutua, non può essere altrimenti.
Chi scrive non può sapere quali conoscenze può avere il singolo lettore, ma le può solo ipotizzare. Può ipotizzare un certo tipo di preparazione culturale, un dato livello di conoscenze, un determinato bagaglio di nozioni. E nel farlo, tra le altre mille cose, deve trovare un equilibrio nel descrivere i dettagli salienti: non troppi per non essere prolisso, non pochi per non essere asciutto o, peggio ancora, criptico. Deve trovare un equilibrio.
Trovato questo equilibrio, comunque, deve essere consapevole che non sarà sufficiente per soddisfare tutta la sua platea: ci sarà sempre il lettore annoiato dai troppi particolari, così come ci sarà sempre il lettore che avrebbe voluto spiegazioni più approfondite per capire meglio certi passaggi. Queste sfumature ci saranno sempre.
Dopo questa breve sagra delle ovvietà, non mi resta che concludere con la constatazione più ovvia: la verità assoluta non esiste.
No, non è questa la constatazione 😛 .
La constatazione che intendo (e che trovo meno ovvia) è che ogni storia ha sempre le sue verità: la verità di chi scrive, la verità di chi narra, la verità dei personaggi. Come se non bastasse, lo scrittore potrebbe affidare una verità diversa per ciascuno dei suoi personaggi e giocare, più o meno sapientemente, con i conflitti che ne derivano. E ancora: il lettore, ogni lettore, comincia a leggere con il suo bagaglio di verità. Legge per conoscerne di nuove, per confrontarsi con le proprie. Ci sarà sempre il lettore che preferisce le verità sbattute in faccia, nero su bianco. E quello che invece, quelle stesse verità, preferisce andarsele a cercare da solo tra le righe.
Solo un dubbio
Vista l’evidente differenza che può passare tra conoscenza mutua e conoscenza comune, viste le differenze che ci possono essere tra le verità di chi scrive e le verità di chi legge, non è pericoloso lasciare il lettore libero di leggere le verità che vuole tra le righe?
La Verità m’è un po’ venuta a noia… Posso avere una sana dose di obliosa, evanescente, rasserenante fantasia? 😉
Certo che sì!
Ma il discorso, per la Fantasia, sarebbe diverso: né mutua, né comune. Altrimenti non sarebbe più fantasia con la F maiuscola… 😀