A Carnevale ogni scherzo vale. Si può scippare una bella storia, ad esempio. Meglio se con un finale aperto, per scriverne uno un po’ meno aperto. Questa storia di Barbara Businaro, ad esempio: Mi tieni aperta la porta?

Certo. Ma poi, chiudila la porta. Altrimenti la storia potrebbe andare avanti. Magari con un finale non richiesto. Ma, ripeto, a Carnevale ogni scherzo vale… 😉

Avevo passato l’intero weekend senza dormire, in preda a una convulsione emotiva struggente. La causa? Tommaso? No. Il suo bacio mi aveva scaldato il cuore, l’anima, la vita. Mi aveva fatto rinascere e aveva risvegliato in me sensazioni sopite da troppo tempo. La promozione improvvisa? In fondo era quello che avevo sempre desiderato. Mi restituiva la mia giusta dimensione: avevo lasciato una carriera ben avviata – per cosa, poi? – ma me la stavo riprendendo. Dunque, in fondo, non era nemmeno la promozione la causa del mio aggrovigliato malessere. Dopotutto, se davvero esisteva una giustizia divina, quella aveva appena bussato alla mia porta.

Dunque qual era la causa dei mali che mi affliggevano l’anima? Non era Tommaso, non era la promozione. La causa era ancora lui: mio marito.
Avevo impiegato un intero mese per capirlo, ma alla fine la verità si era palesata in tutta la sua disarmante ovvietà: era rimasto del tutto indifferente alla mia promozione. Come aveva reagito mio marito il giorno che l’aveva saputo?

Un mese prima, il giorno di quella fatidica e-mail, dopo cena – l’ennesima cena da madre single -, avevo pensato di darmi un contegno e di anticipargli la notizia in chat. Avevo letto e riletto quel messaggio, dopo averlo inviato. Con gli occhi fissi sul telefono, ancora frastornata dalla prospettiva di non vedere più Tommaso, la doppia spunta blu si accese: ora anche mio marito era al corrente della novità. Vediamo cosa scrive, mi ero detta. Mi ero preparata alle possibili reazioni, immaginando una possibile risposta, sperando che almeno uno scampolo di dialogo, seppur virtuale, mi avesse potuto riportare alla realtà, ricordandomi che dopotutto – ma proprio tutto – eravamo ancora una famiglia. Forse la mia promozione darà una scossa al nostro “menage” familiare, alle nostre abitudini. Forse ci costringerà a riorganizzare le nostre giornate, a rivedere i nostri impegni e, chissà, magari si rimettono in moto le dinamiche che ci hanno unito.

Ma quella doppia spunta blu era rimasta lì, ferma e immobile. E minuto dopo minuto, non aveva sortito risposte. Forse è in auto, forse non può scrivere. Avevo cercato qualche scusa. Ma niente. Per ironia della sorte, in quell’istante mi era arrivato un messaggio proprio da Tommaso: “Non ti preoccupare per la promozione. Vedrai: sarai in gamba e ci vedremo alle fiere. E magari potremo fare pausa-caffè con una vera cioccolata, anziché con la bevanda al gusto di cioccolato”. Mi aveva strappato una risata. E anche una lacrima. Ma, allo stesso tempo, Tommaso mi aveva distratto dalla mia indignazione crescente verso mio marito e mi aveva rimesso addosso l’angoscia di non rivederlo più. E così, distratta e confusa, ero stata risucchiata nel vortice delle mie paure. O forse il mio subconscio si era rifiutato di riconoscere la verità. Aveva deciso di metterla da parte. Ancora una volta. E così, quel mese, era volato. Spazzando via le mie frustrazioni verso mio marito, trascinando via i miei risentimenti verso di lui: ero distratta dall’immagine di Tommaso man mano che si avvicinava la data in cui avrei dovuto prendere la mia decisione.

Ed ora eccomi qui. Ho passato gli ultimi giorni in ufficio dopo aver preso la decisione che non potevo rifiutare, pagandone le conseguenze nel modo più piacevolmente tremendo che avessi mai potuto immaginare: un bacio che era stato un’autentica dichiarazione d’amore. Una promessa non fatta, non detta, eppure rubata ai rispettivi cuori rapiti: perché doveva essere tutto così dannatamente complicato?
Perché la mia vita doveva essere così difficile a causa di un marito eternamente “assente-non-pervenuto”?
Perché mio figlio doveva crescere solo?
La vita, la giustizia divina, la sorte mi avevano fatto incrociare con Tommaso. Forse l’intero universo mi stava dicendo qualcosa? Lui stava proprio lì, nel microcosmo di una vita delusa quanto la mia. Il suo microcosmo accanto al mio microcosmo. Davvero era tutto così complicato?
Dopotutto, dovevo solo tenergli aperta la porta.

La mia promozione, forse, era la soluzione a tutti i miei mali: Matteo dovevo gestirlo io. Io dovevo continuare a portarlo all’asilo. Io lo dovevo andare a prendere. Io lo dovevo accudire. Avrei continuato a farlo con amore: per Matteo, qualsiasi cosa. Ma mio marito non si era nemmeno posto il problema: a lui la cosa era sembrata ovvia fin da subito. Il suo parere era stato tanto tacito quanto irritante: il suo lavoro è più importante del mio. Almeno questo è il suo pensiero. Non certo il mio. Quanto basta per mettere in discussione un matrimonio, specialmente il mio. Ho già fatto una volta l’errore di mettere da parte la mia carriera per favorire la sua. E ho deciso di non farlo più.

Questo è stato l’apice dei miei pensieri dopo un intero weekend senza dormire. Come se non bastasse il tremendo “addio-non-addio” avuto con Tommaso, ero arrivata addirittura a mettere in discussione il mio matrimonio, con una lucidità cristallina e quasi rasserenante.
Chi mi ama, mi segua, mi son detta. Io, mio marito l’ho seguito tante volte. L’ho amato. Ora lui non mi segue più. Segue il lavoro. Segue la carriera.

Il giorno successivo, il primo giorno nella nuova sede dall’altra parte della città, ero stranamente serena. Non era stato un giorno impegnativo: avevo preso possesso del mio nuovo ufficio, avevo conosciuto qualche nuovo collega e la mia responsabile aveva cominciato a illustrarmi le mie nuove mansioni. Avevo avuto di che distrarmi, insomma. Acquietata dalla lucidità della sera prima, la consapevolezza di aver capito che era ora di voltar pagina mi aveva donato un’inattesa aura zen. Sapevo di avere argomenti a mio favore, non appena avrei affrontato la questione con mio marito. Soprattutto sapevo che, voltando pagina, in qualche modo ci sarebbe stato Tommaso. Consolata da quest’ultimo pensiero, uscendo dall’ufficio mai avrei immaginato di ritrovarmi subito di fronte quel blu inconfondibile.
Il finestrino abbassato, il sorriso smagliante, gli occhi che brillavano.
Chi mi ama, mi segua, ho ripensato.

Sì, l’universo intero mi stava dicendo qualcosa.

9 commenti su “Chi mi ama, mi segua

  1. Eh, lo dovevo sapere che quando Darius annuncia una marachella, in realtà l’ha già combinata!! XD
    Però non sono mica certa che questo finale sia più chiuso del mio. Magari Tommaso era lì per lavoro, si era dimenticato del primo giorno di Linda, e stava pure sorridendo ad un’altra!
    Ma bravo Darius, abbiamo scoperto il tuo lato romanticone! 😛

    1. Suvvia, addirittura “marachella”! E’ stato solo uno scherzetto di Carnevale. Uno scherzetto mal riuscito, spero non uno scherzetto di cattivo gusto…

      Convengo sul fatto che questo non sia un finale propriamente chiuso: diciamo che una bozza di sequel. I tuoi personaggi sono stati costruiti molto bene, con un profilo psicologico molto realistico: hanno continuato a vivere di vita propria nella mia testa per una notte buona.

      Però, no: direi che il mio lato romanticone è troppo grezzo.
      Penso di essere più a mio agio in altre dimensioni narrative.

      1. Addirittura hanno continuato a vivere di vita propria nella tua testa (tradotto: ti hanno tormentato 😛 ) per una notte intera?! Accipicchia. Ho proprio scritto bene allora…

  2. Ecco sì, pensavo la stessa cosa di Barbara, a proposito del tuo lato romanticone 😍 E scrivila una bella storia d’amore!
    Io, a sto punto, visto che doveva essere uno scherzetto di carnevale lo avrei fatto finire così:
    “Il giorno successivo, il primo giorno nella nuova sede dall’altra parte della città, ero stranamente serena. Nel parcheggio aziendale Corrado, il nuovo collega con cui divido la stanza era fermo accanto alla sua BMW M coupe e mi ha indirizzato un sorriso pieno di parole. Se devo aprire un nuovo capitolo della mia vita, tanto vale ricominciare da una nuova auto sportiva!” 😜😁

    1. No, una bella storia d’amore proprio non mi ci vedo: non penso di avere i numeri.

      Quanto al tuo finale, non avrei mai potuto pensare a una sterzata così brusca.
      Barbara sta già pensando di togliermi il saluto: con un finale così brutalmente scippato, mi avrebbe definitivamente bannato su tutti i suoi social…
      😛

    2. Mi illumino d’immenso (citando quello là…) all’idea della BMW M coupe, che ad oggi può essere solo una Serie 8, davvero spettacolare.
      Però il nome Corrado mi fa venire l’orticaria, ve lo dico. Non lo posso sentire! XD

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