darius tred, estrattoElena andrò a un’altra pagina contrassegnata dell’Odissea.

“Poco dopo aver lasciato l’Ade, Ulisse finisce in uno strano regno perduto, un regno abitato da uomini lontani da tutto, e nessuno degli altri mortali giunge da loro. Questo popolo – i feaci – possedeva una misteriosa tecnologia avanzata. Le loro navi, rapide come falchi, che degli uccelli sono i più veloci, erano capaci di navigare in autonomia. Era sufficiente impostare la rotta, e quelle ti portavano a destinazione. Infatti è proprio a bordo di una nave feace che Ulisse riesce finalmente a tornare a casa.”

Nehir la zittì con un gesto della mano. “Adesso ho capito. Tu credi che quel traditore di Hunayn stesse cercando i feaci. Perché?”

“Ricordi i cani d’oro e d’argento creati da Efesto? Nell’Odissea si dice che il dio li dona ad Alcinoo, il re dei feaci.”

Nehir era perplessa.

“Abbiamo un dio che regala automi e chissà cos’altro a un popolo sconosciuto. Hunayn doveva essersi incuriosito. Lui e i suoi fratelli erano alla continua ricerca di conoscenze perdute di altri regni. Del resto, Hunayn si era messo in viaggio perché era stato incaricato di raccogliere informazioni sul popolo che nel suo diario definisce il grande nemico del tempo di Omero, un popolo che aveva annientato tre civiltà in un colpo solo. Chi avrebbe potuto avere la forza e la tecnologia necessarie per compiere un’impresa simile?”

“I feaci”, disse Nehir, fissandola negli occhi.

Tratto da L’ultima odissea di James Rollins.

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