Nipotame al primo giro di boa: quest’anno ben tre cervelli in famiglia hanno affrontato la “matura”: tema, quizzone, tesina. E infine prova orale.
Nelle scorse settimane, sono stato coinvolto in un piccolo valzer di tesi, relazioni, documenti da “dargli un’occhiata se va bene”. Insomma il destino mi ha trasformato in editor per un paio di settimane e mi sta ancora ridendo alle spalle per questo scherzetto.
Editor. Che parolona grossa. No, dai. Voliamo basso: ho fatto da correttore di bozze, ho suggerito qualche link di approfondimento. Niente più.
Tuttavia, in un caso o nell’altro, anche se non lo faccio di professione, certe cose mi fanno quasi tenerezza: scopare via le virgole qua e là, sistemare la punteggiatura, falciare le “d” eufoniche, limare via le ripetizioni, aggiustare qualche parolina per snellire dove necessario.
In alcuni casi avrei riscritto interi paragrafi, devo ammetterlo. Ma ho desistito: il testo doveva sembrare scritto da uno studente, non da me. Non era la mia tesina, non era la mia relazione, non potevo lavorarci veramente mettendo dentro i miei approfondimenti, il mio stile, il mio linguaggio. Non potevo farlo perché comunque, scribacchino o no, una differenza tra come scrivo io e come scrive un ventenne c’è. E si vede. In poche parole, dopo esattamente venticinque anni, ho maturato una certa esperienza. Già.
Ma esperienza de’ che, esattamente?
Appurato che non sono scrittore né correttore di bozze, mi chiedo quindi da dove possa mai derivare tale esperienza che mi permette di revisionare in scioltezza il testo di un ventenne.
Dalla differenza d’età?
Dal fatto che, con venticinque anni di vita in più, ho un “kilometraggio” di lettura molto più lungo?
Dal fatto che, guarda caso, io mi sia cimentato nella scrittura negli ultimi anni?
Oppure da tutto quanto insieme?
Rassegniamoci
Lasciamo le domande in sospeso: alla fine è difficile trovare una risposta oggettiva.
Resto convinto che esisterà sempre qualcuno in grado di scrivere meglio di noi un pezzo che ci sembra perfetto. Uno scrittore più bravo, una persona più preparata sull’argomento trattato. Oppure noi stessi qualche anno dopo. Occorre dunque rassegnarsi all’idea che un testo non sarà mai perfetto per tutti i secoli dei secoli, e questo devo averlo già detto più volte, qui e altrove.
La questione digitale
Devo tuttavia notare, senza offesa per ventenni e nipotame, che sono rimasto con la sensazione netta che i ragazzi di oggi, maturandi o maturati che siano, non sappiano più scrivere. Non dico Scrivere con la “s” maiuscola, ma intendo dire “scrivere un testo” mediamente breve in modo decente.
Detto ciò, sarebbe troppo facile giustificarsi con il cambiamento d’epoca, l’invasione digitale, la logica del “tutto-subito” che si insinua subdola anche nelle chat social dove, complice la necessità di scrivere velocemente, la punteggiatura diventa superflua e l’abbreviazione d’obbligo (“xké”, “xò”, “cmq” …).
Quello che mi preoccupa di più è vedere sempre più spesso gente che parla nelle chat invece di scrivere, cioè gente che parla all’angolo dello smartphone tenendoci premuto sopra il dito. In certi casi è comodissimo, non lo metto in dubbio: se cammini, se hai una mano occupata in altro… Ma vedo anche gente seduta, semplicemente svogliata, che si guarda intorno invece di concentrarsi sul display.
Sta diventando troppo faticoso scrivere, non solo per i ventenni. Avanti di questo passo, quando mai avremo più occasione di scrivere? Forse quando avremo un forte mal di gola?
L’insegnamento
Ricordo che ai miei tempi, alle elementari, le mie maestre avevano istituito due buone abitudini tra i banchi di scuola. Chiaramente all’epoca, per il ragazzino che ero, non potevo capirne l’importanza ma oggi, dopo oltre trent’anni, ne sento ancora l’effetto benefico.
Mercoledì era giorno di tema: ricordo ancora oggi la richiesta da parte delle mie maestre di passare dai “pensierini” (cioè singole frasi brevissime) agli scritti un po’ più lunghi e articolati. E ovviamente ricordo ancora oggi i miei primi blocchi dello scrittore di fronte al foglio protocollo a righe.
Un’altra buona abitudine che mi sembra di vedere andata persa è la coniugazione dei verbi. Al quarto e al quinto anno le giornate a scuola finivano così: ore 16, la maestra pronunciava un verbo. E chi voleva uscire in giardino a giocare fino all’arrivo dei genitori, doveva prima scriverne tutte le coniugazioni al singolare e al plurale, in tutti i tempi, di tutti i modi: e uscivi a giocare solo quando li scrivevi tutti corretti, altrimenti tornavi al banco a riscrivere quelli sbagliati.
A volte mi chiedo se i ventenni di oggi, magari gli stessi che fanno la matura, abbiano avuto il privilegio di confrontarsi con una gavetta del genere in tenera età. E qualche dubbio mi viene, anche se, per par condicio, gli stessi dubbi mi vengono quando ricevo certe e-mail sgrammaticate da clienti che ricoprono ruoli manageriali. Sono pronto a scommettere che persino in Parlamento siede gente con questo genere di lacune. Magari la stessa gente che pretende l’esame di lingua italiana per le persone straniere che vogliono stabilirsi in Italia.
Ciao Darius,
intanto sentirsi chiedere dai propri nipoti un aiuto per scrivere le loro tesine mi pare davvero una bella soddisfazione. La nostra esperienza, di scrittura ma anche di lettura aiuta, professionisti o no. L’esperienza conta 🙂
Quanto al nuovo linguaggio giovanile, credo che il problema non siano tanto le k al posto della ch, ma la volgarizzazione della nostra lingua da parte degli adulti. L’uso dei vocaboli, il loro numero, i dati sull’analfabetismo mi preoccupano più delle innovazioni dei ragazzi che scrivono in fretta (come me) e ogni tanto si perdono qualcosa…
Ciao Elena. Devo dire che i nipoti ci danno molte soddisfazioni in famiglia e mi fa sempre molto piacere dare loro una mano.
Tocchi molti temi interessanti: la volgarizzazione della lingua, la povertà di vocaboli e l’analfabetismo. Io aggiungerei anche la “dealfabetizzazione” (non so nemmeno se è un termine corretto): mi riferisco alla perdita di capacità non appena finisce, nella vita, la stagione dello studio. Per dirne una: ho colleghi che, quando si trovano di fronte un documento di tre o quattro pagine da leggere per acquisire informazioni, me lo passano a me senza leggerlo tutto. “Prova guarda se ci capisci qualcosa…”, questa è la scusa. Manco fosse scritto in aramaico.
C’è proprio una pigrizia mentale diffusa, sia per la scrittura, sia per la lettura…
Beh, vedila così : loro non imparano niente di nuovo, tu invece si. E persino in orario di lavoro ????
Be’, hai ragione anche tu… 🙂
Capisci ora il mio enorme stupore quando il nostro mozzo Federico, quattordicenne spilungone e cappellone sempre con la testa fra le nuvole, mi ha presentato bello fatto e finito il post sulla lettura dei ragazzi?! E che è? Un alieno!!
Ve lo giuro che non ho toccato una virgola, e nemmeno sua madre. Ma lui legge, Murakami (che io ho iniziato solo ora). Certo ha l’esempio in famiglia: i genitori leggono, entrambe. Poi c’è la scuola: la sua è una delle poche che screma, parecchio.
Mentre mi spiegava un paio di amiche, professoresse più o meno di ruolo, che bocciare è sempre più difficile (vedi poi la cronaca, come quel brutto fatto appena successo proprio a Padova, di un’insegnante di inglese spedita all’ospedale per un bambino bocciato, bambino più impegnato agli europei di calcio che sui libri). E come i genitori si pongono rispetto alla scuola stessa: se io prendevo una nota o un brutto voto, a casa mi prendevo il resto della punizione; adesso la mamma chiama il professore e vuole sapere (dal professore, non dal figlio) perché è arrivato quel brutto voto, arrivando a contestare (senza averne alcun titolo) il metodo di insegnamento.
Delegittimazione completa. Poi al lavoro ti arrivano giovani pischelli laureati che sono dei completi somari.
(Anche da qui arriva il mio stupore al post di mozzo Federico: ha scritto meglio di molti miei colleghi…)
Quindi, ti do ragione su tutta la linea Darius.
C’è da tornare al “mercoledì tema”, anche per gli adulti però! 😉
Gli alieni esistono! Lo dice anche Focus…
(scusa, ma mi hai servito la battuta su un piatto d’argento… 😀 😀 😀 )
A parte gli scherzi, come in tutte le situazioni, esistono le eccezioni e non avevo dubbi sul fatto del vostro mozzo Federico, già da quando avevo letto il suo guest post su Webnauta.
Ovviamente trovo deplorevoli i fatti come quello che hai citato ma, per amor di obiettività e per esperienza diretta, devo dire che anche a parlare con alcuni insegnanti trasuda una certa ignoranza di fondo nelle stesse materie che insegnano (errori di geografia a iosa, storia spiegata assai sommariamente, e non parliamo dell’informatica…) e condotte educative quantomeno dubbie (per inciso: insegnanti che tirano quaderni in testa ai ragazzi).
Diciamo semplicemente che, a parte i casi estremi (che condanno), l’ignoranza e la pigrizia mentale sono molto diffuse, sia tra i genitori, sia tra i banchi, sia tra le cattedre. Ho conosciuto anche insegnanti splendidi ed esemplari, naturalmente.
C’è da tornare sì al regime “mercoledì tema”: oltre all’abitudine della scrittura, si recupererebbe anche l’abitudine alla riflessione.
La coniugazione forzata di tutto il serraglio dei verbi mi manca. In tutti i sensi. Ammetto che da ragazzino avrei odiato coniugare a “viva forza” il verbo ‘annoiare’, così come adesso, in certe situazioni, odio non averlo fatto allora. Diversamente, adesso non avrei bisogno di sbirciare il libro di grammatica delle superiori quando non sono sicuro di quale ausiliare vuole un verbo o capire se sia transitivo ovvero intransitivo cercando sul dizionario.
A scuola, nei primi tempi, odiavo pure io questa pratica di coniugazione forzata. Ma forse il colpo di genio delle mie maestre è stato quello di non mettere un palio un buon voto ma il maggior tempo possibile per giocare nell’ultima ora del pomeriggio a scuola.
Quindi alla fine, nel corso del quadrimestre, è diventata una gara con i compagni di banco, sia sulla correttezza della coniugazione al primo colpo, sia sulla velocità nello svolgimento dell’esercizio per guadagnare più tempo possibile per giocare.
Diciamo che raccontato così sembra un ricatto bell’e buono, ma vedendo che ha sortito i suoi effetti, se fossi insegnante ripristinerei questa pratica a occhi chiusi… 😀