“Credi agli angeli?” Tre parole per una domanda diretta.
Diretta come solo Emme sa fare. Ma cominciamo dall’inizio.
Emme ha pensato bene di partire per andare dall’altra parte dell’oceano. Solo per un paio di master, ha detto. E, con l’occasione, ci ha incastrato le date di qualche convegno e non so che altro: tanti saluti e arrivederci. Ogni tanto, però, si fa sentire: qualche mail, qualche chat. Il telefono mi vibra quando la notte è ancora giovane per via del fuso orario. Banalità e battute goliardiche a parte, per alcuni scambi a volte vale la pena di mettere insieme un post che, alla fin fine, vale un racconto.
E quindi rieccoci alla domanda iniziale, arrivata un paio di settimane fa mentre di notte bazzicavo sul pc. Una domanda secca, schietta, diretta, senza saluti, senza preamboli. Secondo il nostro stile, insomma.
E : Credi agli angeli?
D : Che domandona. Vuoi una risposta seria? Considera che ho già due neuroni nella fase REM perché qui è notte. Quindi ho solo il 50% delle mie facoltà mentali per risponderti. Posso cavarmela con un “dipende” ?
E: Pensaci bene. Considera che ti stanno ascoltando, quindi fai un po’ tu…
D: So bene che mi stanno ascoltando. Quando dico il Padre Nostro mi rivolgo anche agli angeli e agli arcangeli.
E: Dico seriamente.
D: Anch’io.
E: Ho seguito un convegno interessante. Ti sarebbe piaciuto molto, conoscendoti. E comunque qui sono avanti. Scienziati di tutto rispetto hanno teorie molto fondate. Mi è venuta in mente quella storiaccia là di quel prete, ricordi? Forse l’avevi pubblicata anche sul tuo caxxo di blog 😀 …
A proposito, ma il tuo blog funziona? Ho provato a fare una ricerca ma non l’ho trovata…
D: Ah-ah-ah. Sei simpatico come un gatto aggrappato ai maroni… Eccoti il link.
E: Dai, stavo scherzando. L’ho già riletta. È bello il tuo blog, mi piace…
D: Ti piace? Addirittura “ti piace”? Dai, non star lì a girarci intorno: dimmi subito cos’hai bisogno e facciamola finita. È l’una e mezza, mi si è spento anche il penultimo neurone…
E: In realtà il convegno si è chiuso con un invito. Ci hanno chiesto di fare un sondaggio tra gli amici, meglio se di cultura medio-bassa. Un luminare al convegno sostiene che l’idea di angelo che emergerà dal nostro sondaggio sarà molto simile e uniforme, indipendentemente dal grado di cultura. Sostiene (long story short) che è una sorta di retaggio ancestrale che ci accomuna tutti quanti ma, soprattutto, sostiene che tutti quanti abbiamo la stessa idea perché tutti quanti veniamo in contatto allo stesso modo con gli angeli.
D: Cultura medio-bassa?? Grazie M****. Sono commosso quando vedo l’alta opinione che hai di me. Davvero. La mia commozione è sincera, a differenza della tua (che è cerebrale). In buona sostanza, cosa vuoi sapere? Se credo agli angeli? Sì. Potrei elencarti una serie di eventi in vita mia che mi hanno convinto. Ma stimo che tu e gli altri strizzacervelli abbiate una casistica ben più ampia e colorita della mia…
A conferma della mia ipotesi, ecco che mi arriva il giorno dopo una e-mail di Emme.
Un’e-mail con questa storia, seguita da una seconda e-mail che Emme, gran simpaticone, ha pensato di spedirmi il giorno dopo ancora, per tenermi un po’ sulle spine. Io, che non sono così cinico, le riporto qui di seguito una dopo l’altra.
Prima e-mail
Questa è la storia di Rosette (nome di fantasia), una storia che mi ha raccontato L***. Come ricorderai (forse), L*** è una mia collega, una strizzacervelli come me: credo di avertene già parlato. Abbiamo partecipato insieme al convegno di cui ti dicevo, il convegno sugli angeli. E la sera dopo il convegno, mentre eravamo a cena in albergo, mi ha tirato fuori dal cilindro questa storia. È una storia molto particolare, una di quelle che piacciono tanto a te. Ma mentre tu te le inventi di sana pianta, a me capita veramente di sentirmele raccontare. Comunque non divaghiamo. Questa storia in realtà ha due protagoniste: Rosette, appunto, e Angela (altro nome di fantasia). L*** è venuta a conoscenza dei fatti che sto per raccontarti semplicemente perché ha avuto in terapia Angela per un certo periodo.
Immagina Rosette come un’anziana signora che supera di poco la novantina ma che, nonostante l’età, è bella pimpante e attiva. La classica signora della casa accanto, tutta intenta nelle piccole incombenze quotidiane e avvezza alla buona creanza nei confronti del vicinato. E immagina Angela come la sua vicina di casa. Una donna giovane, single, brillante e in carriera: la tipica donna americana che paga il successo, florido e inaspettato, frequentando lo studio degli strizzacervelli per esorcizzare le insicurezze gelosamente nascoste.
Ma bando ai cliché: Rosette e Angela, dicevo, sono vicine di casa ma, a parte quei saluti, o poco più, che si scambiano quando si incrociano sui rispettivi vialetti di ingresso, non hanno molte occasioni per frequentarsi. Almeno fino al giorno in cui comincia questa storia. Ma prima di continuare è opportuno fare un passo indietro.
Le due donne vivono in un quartiere di S****, non molto lontano da qui. È una zona molto verde e piacevole. Un giorno la cittadinanza viene coinvolta in un dibattito che, per fartela breve, riguardava la costruzione di un centro direzionale, con tanto di parcheggi, strade, bar, ristoranti… insomma, le solite cose.
La questione era dibattuta da tempo perché il centro direzionale includeva anche un gruppo di cliniche specialistiche di cui in città si sentiva molto bisogno. Quindi, in sostanza, non si trattava della solita cementificazione selvaggia che vediamo spesso in Italia. Era un mega progetto, tra l’altro molto attento all’ambiente: molte aree verdi, molti alberi piantati lungo i viali interni, diverse fontane, coperture fotovoltaiche e, vista la vicinanza dell’oceano, persino qualche piccolo pilone per l’energia eolica architettonicamente ben inserito. Tutto molto bello, insomma.
Peccato che tra i vari ettari coinvolti in questo progetto, c’era una piccola zona ai margini di un bosco dove sorgeva un albero secolare e maestoso. Si trattava semplicemente di un prato che correva lungo un fiume. Il fiume (quello c’è ancora) divide la città dal bosco. Ma dalla parte della città, appunto, c’era questo prato e in mezzo questo albero. Era un gran peccato abbatterlo: era un esemplare di olmo che superava i 30 metri d’altezza. Alla fine, però, la decisione fu presa e il progetto approvato.
Ma torniamo a Rosette.
Questa signora, anziana ma pimpante, un giorno bussa alla porta di Angela la quale la fa entrare ben volentieri. Il weekend era appena iniziato: un tè, qualche biscotto, quattro chiacchiere davanti al camino. “Forse lei mi può aiutare” dice Rosette.
Angela ascolta la vicina, la quale si mostra preoccupata per la sorte dell’albero. Ma la sua preoccupazione non era quella di un’ambientalista incallita. Parla di angeli.
“Quello è l’albero dei nostri angeli” dice “E se lo abbattiamo se ne andranno, non avremo più la loro protezione.”
Rosette racconta di vedere piccoli bagliori al calar della sera, sfuggenti e appena percettibili. “Si vedono solo quando gli angeli si posano sui rami”.
Angela è imbarazzata. Non tanto dal racconto bislacco, quanto dalla sincera convinzione di Rosette, la quale prova a sua volta un identico imbarazzo: pareva infatti consapevole di passare per una vecchietta un po’ fissata, raccontando quelle sue preoccupazioni. Ma, nonostante la pacata compostezza, ha anche l’aria di avere un bisogno disperato di parlarne con qualcuno e di non sapere a chi rivolgersi.
“E… cosa fanno sui rami?” chiede Angela per rompere il silenzio.
Rosette percepisce di non essere stata abbastanza convincente. Angela si morde il labbro per non aver saputo mascherare la sua incertezza.
A quel punto l’anziana signora si commuove, forse rassegnata per il volgere degli eventi. Toglie gli occhiali e li posa sul tavolino.
“Ci proteggono…” dice bisbigliando “Ci proteggono…”.
Angela è costernata, si alza per andare a prendere altri biscotti. Prende anche le due tazze di tè per versarne altro ma nel farlo, urta gli occhiali. Cadono, e una lente si rompe. Si aggiunge altro imbarazzo all’imbarazzo. “Che sciocca” dice.
Rosette, però, non si preoccupa. Dice di averne a casa un paio di scorta. Si ricompone e, convinta di aver abusato troppo dell’accoglienza di Angela, si congeda.
Angela non può far altro che scusarsi di nuovo, con la promessa di portare gli occhiali a riparare.
Nei giorni a seguire, tutto sembra tornare come prima anche se tra Rosette e Angela i saluti sul vialetto sono carichi di quel misto d’intesa, di complicità e di malinteso. Angela ha l’impressione di intravedere una tacita supplica velata nei suoi occhi, forse una rassegnazione, e si promette di riprendere il discorso con la scusa di portarle gli occhiali riparati. Se solo trovasse le parole per giustificare la sua totale impotenza nell’impedire che il vecchio olmo venga abbattuto…
E l’olmo, mi raccontava L***, si intravedeva in lontananza dalla via lungo la quale abitano entrambe, come se osservasse distaccato l’evolversi di questa piccola vicenda umana in attesa solo di un qualche epilogo: gli occhiali sono riparati ma Angela temporeggia perché non sa cosa dire.
Rosette, del resto, non ha fretta di riaverli perché usa gli occhiali di scorta.
Passano i giorni e gli eventi precipitano: l’olmo viene abbattuto.
Angela rimane sgomenta la sera di quello stesso giorno quando, passando in auto di ritorno dall’ufficio, vede l’enorme albero ridotto in un mucchio di tronchi in mezzo al prato lungo il fiume.
Passa la notte insonne, si sente terribilmente in colpa.
Ma non ha nemmeno il tempo di farsene una ragione perché il giorno dopo l’abbattimento dell’albero… Rosette viene a mancare.
In tutto il quartiere, naturalmente, c’è grande cordoglio. Rosette era nel cuore di tutti.
Angela, oltre al cordoglio, sul cuore ha un peso in più: ma non è solo il peso delle parole non dette, dell’occasione mancata.
Del discorso rimasto in sospeso, infatti, l’intuito femminile o, se preferisci, quella tipica intesa che a volte solo tra donne si può instaurare, aveva fatto percepire ad Angela che tra Rosette e l’albero ci fosse davvero una sorta di legame, un filo invisibile che appunto aveva spinto la stessa Rosette a confidarsi. Quindi prova a immaginare l’enorme suggestione che quella singolare coincidenza (l’abbattimento dell’albero e la morte di Rosette) ha giocato sulla mente della giovane donna…
Davvero è solo una coincidenza?
Da esperti in materia, sia io che L*** concordiamo sul fatto che la mente umana in certe situazioni di particolare stress emotivo elabora inconsapevolmente forme di autosuggestione e sottili meccanismi molto simili alle suggestioni post-ipnotiche. Tradotto? Rosette potrebbe aver provato un dolore così forte da lasciarsi andare fino a che il suo cuore non ha smesso di battere nel sonno. In realtà la spiegazione sarebbe molto più articolata ma te l’ho fatta breve perché i fatti salienti che, stimo, susciteranno il tuo interesse sono ben altri.
Supponiamo anche solo per un attimo che quell’albero abbattuto fosse, come dire, “frequentato” dagli angeli (metto le virgolette perché non saprei davvero che termine usare…). Ti chiederai… che succederà adesso?
Seconda e-mail
Ebbene, la storia di Rosette e Angela in realtà è accaduta quattro anni fa. Spero tu abbia apprezzato la mia suspence (o suspense?) da quattro soldi 😀 …
In realtà ieri avevo un impegno e, non volendo lasciare la mail nelle bozze (sia mai che la perdo, dopo tutto quel gran scrivere), ho deciso di cominciare a spedirtela. Poi mille cose, ed è calata la notte.
Dove eravamo rimasti? Ah, sì.
Dunque, con o senza angeli, nel frattempo il famoso centro direzionale di cui ti dicevo all’inizio è stato costruito, fatto, finito, inaugurato.
Ed è tuttora operativo. Dunque è andato tutto liscio anche senza la “protezione” degli angeli? Si direbbe di sì. Tuttavia… restano un po’ di circostanze strane e tuttora inspiegabili.
Tanto per cominciare l’azienda che si è occupata dello smantellamento dell’area prima della costruzione (quindi anche dell’abbattimento dell’olmo) è fallita. Trecento operai, con rispettive famiglie, rimasti a piedi. Ma questa, per quanto possa essere triste (e lo è), la possiamo classificare come coincidenza.
Il resto è quanto meno singolare. L*** mi ha raccontato una lunga serie di piccoli fatti e misfatti che, presi singolarmente, non sarebbero altro che pura e semplice cronaca, ma che, statisticamente, destano parecchie perplessità.
Considera che la zona di S*** è una delle più densamente popolate degli States. E, nel caso non fosse chiaro, ci abita anche L***.
Ebbene, negli ultimi due anni si è registrato un picco nelle diagnosi di depressione per motivi vari.
Triste, dirai.
Purtroppo non insolito, aggiungo io.
Se non fosse appunto per la concentrazione piuttosto circoscritta che, statisticamente, risulta fuori parametro. L*** e tutti i suoi colleghi strizzacervelli che lavorano in zona hanno notato quest’onda anomala. Più altre storie collaterali: ben tre bimbi smarriti nel bosco e poi ritrovati. Un ponte di legno crollato, per fortuna senza gravi conseguenze. Una tribuna crollata durante una partita di baseball: con diversi feriti, per fortuna non gravi. Lievi scosse di terremoto (non rare per la zona in cui siamo ma insolitamente frequenti). Quest’ultime hanno innescato parecchio malessere negli abitanti perché vengono attribuite ad attività di fracking abusivo di alcune aziende nelle zone limitrofe. A tal proposito, ci sono state diverse manifestazioni di protesta, intimidazioni e tensione sociale. Hai presente il film Erin Brokovich? Ecco, qualcosa di simile, solo che qui è tutto tragicamente vero…
Infine un’insolita scia di suicidi e tentati suicidi… alla quale ha tentato di aggiungersi di recente anche la povera Angela, ovvero l’unica persona che ha associato tutte queste circostanze negative con l’abbattimento dell’olmo e con la presunta “dipartita” degli angeli.
Ma, suvvia, siamo uomini di scienza, no? Rosette, olmo, angeli, circostanze negative. Tutto collegato?
Non potremo mai saperlo.
Un collegamento, però, c’è. Un collegamento davvero insospettabile: gli occhiali di Rosette.
Che fine hanno fatto? Erano rimasti ad Angela, la quale li aveva fatti riparare ma poi, travolta dalle incertezze e dagli eventi, non ha avuto modo di restituirli.
Angela li ha quindi conservati con cura come ricordo della povera Rosette, soprattutto come monito per non rimandare a domani quel che si può fare oggi. Una sera, nel pulire le lenti, li ha indossati per un attimo e… indovina un po’? Ha intravisto un bagliore sfuggente intorno all’albero in giardino.
Svista? Allucinazione? Suggestione? In ogni caso è stato inevitabile ripensare a Rosette. Terrorizzata, Angela ha chiamato L*** e l’ha supplicata di raggiungerla al più presto.
E L*** l’ha trovata in lacrime, davvero molto scossa. Ha impiegato un’ora buona per calmarla e farsi raccontare l’accaduto. Poi non le è rimasto altro che chiamare alcuni familiari per fare in modo che non passasse la notte da sola.
Quella sera a casa di Angela, L*** ha pensato di prendere con sé gli occhiali per evitare che la poveretta continuasse ad averli sott’occhio, evocando così tutto quel che era successo. Poi però non ha esitato a provarli per vedere se davvero si vedesse qualcosa di strano. Niente bagliori, niente luci strane. Ma L***, che tu non conosci ma io sì, è una donna di scienza, determinata e di polso. Una donna con le palle, diremmo noi. Si è ripromessa di vederci chiaro (scusa il doppio senso) e di fare indagini approfondite prima di chiudere definitivamente quella storia come una storia di semplici coincidenze e suggestioni indotte.
E come ogni indagine che si rispetti, L*** ha pensato bene di procedere metodicamente.
Ha indossato gli occhiali più o meno nella stessa ora in cui li ha indossati Angela, cioè al crepuscolo della sera.
Li aveva addosso quando ha deciso di andare a fare una passeggiata dove sorgeva l’olmo.
Li aveva con sé quando è andata a portare un mazzo di fiori sulla tomba di Rosette.
Infine ha trascorso un weekend in tenda nel bosco oltre il fiume (questo però l’ha fatto con un gruppo di amici. Va bene essere coraggiosi, ma incoscienti anche no…)
Risultato?
Nel bosco ha visto qualcosa. Sfuggenti luce azzurrognole vicino alle cime degli alberi.
All’inizio era confusa (e chi non lo sarebbe?) perché le vedeva con un occhio solo.
Ma poi ha capito.
In realtà non era lei a vederle con un occhio solo ma erano gli occhiali di Rosette: la lente originale permetteva di vedere i bagliori. Quella sostituita in seguito alla riparazione non più.
Qualcosa di strano dunque accadeva davvero.
Rosette vedeva davvero quei bagliori ma li vedeva per via degli occhiali. Non potremo mai sapere se si fosse mai resa conto di questo dettaglio ma credo proprio di no, altrimenti il discorso con Angela sarebbe stato del tutto diverso. Tutta la storia sarebbe stata diversa.
Non potremo mai nemmeno sapere il motivo per cui Rosette associasse quei bagliori agli angeli.
Ammesso e non concesso che fossero davvero angeli, se L*** li ha visti nel bosco allora vuol dire che non se non sono mai andati. Dunque tutta la catena di sfighe era casuale, benché statisticamente sospetta?
Oppure l’olmo aveva un’importanza particolare?
Altra domanda destinata a rimanere senza risposta. Ma i fatti, per ora, finiscono qui.
Quello che ho imparato io da tutta questa storia è che non è mai una bella idea abbattere un albero: sono creature misteriose e affascinanti, le uniche che tentano di unire il cielo e la terra, che sintetizzano “il sopra e il sotto” in un mirabile scambio di vita, benessere ed energia. E alla fine, i bagliori azzurrognoli, cosa sono se non effimere forme di energia?
Ti auguro Buon Natale.
Per il buon anno aspetto perché forse saremo sullo stesso continente.
P.S.: che non ti venga in mente di abbattere un pino per fare l’albero di Natale…
Epilogo
Per chi non lo sapesse, le storie di Emme sono spesso avare di epiloghi decenti.
Ciononostante, a mio modestissimo parere, a volte il solo intreccio fa la sua bella figura, anche solo per una fugace evasione in poltrona. Il resto non mi resta che immaginarlo. Per immaginarlo meglio potevo non porre a Emme altre domande? Certo che no. In attesa che rientri sul continente (e no: oggi, 3 gennaio, non ha ancora comprato il biglietto aereo) gli ho posto la domanda più importante, quella che mi ha tolto il sonno: che fine hanno fatto gli occhiali?
Emme mi ha scritto di non averli mai visti perché L***, “donna di scienza, donna di polso, donna con le palle”, ha pensato bene di farli analizzare a suoi colleghi di non so quale università. Da un’università all’altra sono arrivati fino al MIT di Boston dove sono stati oggetto di studio perché, cito testualmente, presentano “qualcosa di estremamente interessante benché inspiegabile”. Ma anche al MIT che, per inciso, è uno dei poli scientifici più avanzati del pianeta, non hanno saputo ricavarci granché a parte il fatto (ovvio), che le due lenti fossero differenti e che quella più vecchia, stando a “peculiarità atomiche” non meglio specificate, fosse di fabbricazione ignota.
Montatura anonima in legno di sandalo, una scritta “Evander” piuttosto minuscola su una bacchetta (la marca? il produttore? il negozio?), accompagnata dal numero 1874. Numero di serie? Oppure addirittura… anno di fabbricazione?
Altre domande le cui risposte, forse, se ne sono andate per sempre con Rosette.
Nel frattempo, mi ha detto Emme, con grandissimo rammarico di L***, gli occhiali sono finiti in un caveau di una banca di Boston, dove il MIT tiene oggetti “inspiegabili”. Emme è venuto a sapere un aneddoto su questa banca: la chiamano l’anticamera di Ginevra. Questo nomignolo l’hanno coniato proprio al MIT perché in tale banca ci custodiscono oggetti in attesa di essere trasferiti al porto franco di Ginevra.
“Sai cos’è il porto franco di Ginevra?” mi ha chiesto Emme. “Certo che lo so” gli ho detto. “E so anche che non hai letto il mio racconto… Ma cosa te lo dico a fare?”
Comunque, a Ginevra “ci finiscono gli oggetti in attesa che la scienza e la tecnologia progrediscano a sufficienza per poterli studiare meglio”.
Chapeau.
Caro Emme, che forse passerai a leggere, il film Erin Brockovich è “vero”. Erin Brockovich esiste e ha seguito sul serio quella causa, e quei fatti raccontati nel film sono purtroppo accaduti davvero. 🙂
Ma poi anche noi lettori di cultura medio-bassa dobbiamo rispondere alla domanda sugli angeli? Se ci crediamo e come li immaginiamo? 😀
Potrebbe comunque essere un sondaggio interessante.
Per me comunque i bagliori vicino agli alberi non sono angeli, sono fate. Sullo stile di Campanellino, per intenderci. 😉
Il “lettore di cultura medio-bassa” sono io: è il sottile sarcasmo di Emme. Mi stava prendendo per il cvlo… 😀
In merito alla domanda, ognuno può decidere se e come rispondere.
Io di domande ne ho già un bel po’ e le tengo al calduccio per il losco figuro, non appena rimetterà piede sul continente.
Chissà: magari riesco a snocciolare uno straccio di seguito, o quantomeno un’appendice, un dietro le quinte…
Non mancherò di ricordargli di Erin Brokovich. Secondo me non se lo ricorda bene…
E niente, io continuo a sostenere che Emme abbia sbagliato mestiere no, anzi no, che sia un professionista stimabile, ma con un dono, quello che noi ci affanniamo a coltivare: le sue narrazioni sono racconti scritti pure bene e tu rendi un ottimo servigio al prossimo condividendoli. Tra parentesi: solo un amante della scrittura (anche non consapevole, forse) potrebbe scrivere mail simili, in mezzo allo svolgimento di un’attività di tutt’altro genere. 🙂
Fatta la sviolinata (sincera, eh), veniamo alla storia: affascinante, ma io guarderei con scetticismo alla stranezza degli occhiali. Le lucette nel bosco boh, forse effetti speciali indotti dall’incontro del vetro con il riflesso del sole al tramonto. E gli angeli… sì, io credo negli angeli, ma non riesco a pensare di poterli vedere: sono presenze, che ci osservano, ci parlano… nel cuore, però.
Dici che ha sbagliato mestiere? Non saprei dirti. Di sicuro so che per il mestiere che fa scrive molto: relazioni, articoli, documentazione varia per consulenze.
Quanto alla storia e a quegli occhiali non ti nascondo che pure io sono un po’ scettico, devo ammetterlo. Scettico dal punto di vista scientifico.
Mai stato scettico invece sugli angeli.
Indirettamente, questa storia mi ha fatto riflettere su uno dei più curiosi aspetti della mente umana: scettica su quanto di visibile e tangibile (come sarei stato nei confronti degli occhiali se li avessi avuti tra le mani…), per nulla scettica su qualcosa di invisibile (gli angeli).
Almeno, io mi trovo in questa posizione.