“E il seguito?”. Ecco una domanda che, sotto sotto, mi fa molto pensare. E anche molto piacere, non lo nascondo. Ma serve fare un passo indietro e ragionare ancora una volta come lettore, sottolineando però che ogni lettore è a sé, ha i propri gusti, le proprie preferenze. Non solo in termini di genere letterario, di storia, di personaggi. Ma anche (direi: soprattutto) in termini di affinità. Le storie più avvincenti sono quelle in cui i personaggi si comportano esattamente come ci comporteremmo noi lettori man mano che leggiamo. Più il personaggio ci assomiglia, più ci si immedesima, più sale il livello di coinvolgimento e, con esso, la voglia di voltare sempre pagina per andare avanti a leggere.
E se la storia ci fa sentire a nostro agio, be’, a volte viene voglia di sperare che le pagine non finiscano mai.

Ma oggettivamente, è possibile leggere, ma anche scrivere, una storia infinita?
No.

Prima di scrivere – dove per “scrivere” non intendo creare un’opera e pubblicarla in un qualche modo ma solo buttare giù bozze su bozze che forse non vedranno mai la luce – succede anche che a volte non si ha dentro solo una storia da condensare in un racconto o in un romanzo. Non si hanno dentro solo uno o due personaggi alle prese con alcune vicende che si intrecciano.

Succede anzi che si ha dentro un mondo. Un mondo che, inevitabilmente, è interconnesso con la nostra realtà. E succede che i personaggi hanno una vita propria e li si immagina alle prese con la quotidianità che si affronta tutti i giorni. A volte sono così scemo che mi dico “Se ci fosse Morgan, lui sì che saprebbe come fare…”.
Già, come farebbe?
E si pensa – o si sogna? -, e si elucubra, e si intreccia. Ecco che la storia diventa infinita.
Ma non saprei scriverla. E anche se dovessi mai imparare, c’è un piccolo inconveniente: non amo le saghe.

Il migliore escamotage che ho trovato (ma sono sicuro che ne esistono di “più” migliori, mi si perdoni la storpiatura) per ovviare a questo inconveniente è lasciare le porte socchiuse. Il che non significa esattamente lasciare in sospeso le vicende narrate e concludere con un finale aperto.
Lasciare le porte socchiuse vuol dire scrivere una storia a senso compiuto lasciando spazio alla fantasia del lettore. Insomma: non è proprio necessario chiudere tutti i cerchi, spiegare tutto per filo e per segno.

È giusto che il lettore sia libero di immaginare oltre.

4 commenti su “La storia infinita

  1. Non amo le saghe, a parte Harry Potter e detesto i finali aperti soprattutto quelli cinematografici che non si capisce un tubo di come vada a finire. Tuttavia trovo non sia così complicato darsi – come autore – e dare – al lettore – un’eventuale opportunità di “dopo”, nel mio caso almeno. Perché io racconto sempre pezzi di vita all’interno di una cerchia di persone, famiglia spesso, non è che alla fine muoiano tutti, per cui se oggi ad esempio mi venisse voglia o qualcuno mi chiedesse di scrivere ancora di Francesca e Stefano il cui finale era SPOILER la nascita del secondo genito, si potrebbe fare assai facilmente. Del resto dei piccoli sequel li ho scritti, per chi aveva nostalgia di alcuni miei personaggi, in forma di racconto.

    1. Penso che trovare un certo equilibrio, in fatto di finali, sia un’arte. Non troppo aperto e nemmeno troppo chiuso. Anche io non amo i finali troppo aperti e troncati (né al cinema, né leggendo).

  2. E il seguito? Il film ha avuto due seguiti: La storia infinita 2 (1990) e La storia infinita 3 (1994). Il primo bellino, il terzo peggio del peggior blockbuster… non ha seguito il libro, e magari la pecca parte da lì.

    Scherzi a parte, finché non muoiono tutti la storia non è finita. E anche dopo ci potrebbero essere gli eredi. Oppure il diario di uno di questi viene letto nel futuro da un alieno che passava di qui e deve ricostruire com’era l’essere umano…

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