Premessa

Oggi pubblico un racconto. Doveva essere la mia partecipazione al contest di Barbara apparso sul suo poliedrico sito in occasione del compleanno del suo blog che sarà il prossimo 11 dicembre (a proposito: auguri!  😀 ). Alla fine si è trasformato nella mia non-partecipazione. Tra i requisiti del contest, infatti, vi è il limite di 8.000 battute. Ho scritto a briglia sciolta e mi sono accorto di aver leggermente sfondato tale limite: sono arrivato a 13.000. Purtroppo non sono bravo a tagliare: mi servirebbe un editor (non solo per tagliare, lo so…), ma al momento non ne ho uno sottomano.
Allora mi son chiesto: che faccio? Lo pubblico? O lo tengo nel cassetto per altre occasioni?
Mi sono rivisto la classica scena dal salumiere. “Vorrei un etto di prosciutto”, “Signora, ho affettato tre etti e mezzo, che faccio, lascio?”.

Io lascio (non il prosciutto: il racconto  😛 ).

Buon divertimento.

L’erborista di Siena

Il Piccolo Caffè dei Fiori godeva di una considerazione di rilievo tra i locali storici di Siena. Non era certamente tra i più frequentati della città eppure lo conoscevano tutti grazie al suo fascino d’altri tempi. Un fascino che Guglielmo, appena arrivato, aveva subito percepito. Giunto sul luogo dell’appuntamento capiva solo in quel momento il motivo per cui l’erborista gli aveva dato proprio quell’indirizzo. Il Piccolo Caffè, infatti, non era solo una caffetteria. Ma anche una libreria. E un’erboristeria. Sembrava rispecchiare lo spirito artigianale dei secoli passati, quando per guadagnarsi la pagnotta ciascuno si arrabattava a praticare più mestieri. Osservato da fuori si poteva chiaramente vedere come quel posto così singolare, dislocato sull’angolo all’incrocio tra due vie pedonali, offrisse due ingressi che parevano le due facce di una stessa medaglia: da un lato l’ingresso dell’erboristeria, dall’altro quello della caffetteria. Al piano superiore la libreria, con tanto di salottini di lettura, aveva l’aria di essere accogliente e familiare. Entrato, Guglielmo rimase quasi incantato dagli interni di quegli ambienti: pilastri e pareti sembravano prendersi beffe della perfezione dei pochi angoli retti. I soffitti, sorretti in ogni dove da massicce travi di legno, acuivano quel senso di antica solidità che pareva sfidare il tempo. L’aroma del caffè si mescolava armoniosamente con il profumo dei fiori i cui vasi abbellivano dentro e fuori il Piccolo Caffè.
“Buongiorno.”
Guglielmo si voltò distogliendo il suo sguardo ammirato.
Giovanni Gallerani, l’erborista che aveva contattato per approfondire la sua ricerca storica, lo accolse con il suo sguardo incuriosito. Al pari del locale, Giovanni pareva anch’egli essere un uomo d’altri tempi. A dispetto della sua età – che Guglielmo stimava essere sulla settantina – l’erborista aveva un portamento quasi regale, sorretto da un fisico asciutto e imponente.
“Buongiorno” rispose Guglielmo.
“Posso offrirle un caffè?”
Guglielmo annuì voltandosi verso il banco della caffetteria. Ma Giovanni lo invitò a salire di sopra.
“Venga in libreria” disse facendo strada. “Staremo più tranquilli. Mia sorella ci porterà un caffè con alcuni pasticcini” aggiunse l’erborista cercando uno sguardo d’intesa con la signora al banco. Guglielmo intuì che quel posto incantevole aveva una gestione familiare.

Salendo la scala si sentiva scricchiolare il legno dei gradini. Quel rumore però, anziché allarmare, dava un tocco di magia a quel luogo. La libreria, un tripudio di scaffali di legno, condivideva lo stesso stile antico e accattivante dei locali di sotto. Le sale di lettura, manco a dirlo, non seguivano una geometria lineare e ogni porta spalancata, rigorosamente di legno intarsiato, aveva l’aria di essere l’ingresso di un piccolo universo narrativo in attesa di essere scoperto.

Minolta DSC

L’erborista condusse Guglielmo lungo la sala principale e lo fece accomodare su un balconcino coperto, interamente rivestito in mogano. La vista era magnifica: un largo scorcio permetteva di intravedere un’ampia fetta di Piazza del Campo. Il Palio di Siena, visto da lì, lontano da occhi indiscreti, doveva essere piuttosto suggestivo.

“Allora Guglielmo, ha portato con sé il manoscritto?”
Guglielmo, tornato di colpo alla realtà di quell’incontro, si accomodò. Poco dopo arrivarono i caffè con un piccolo vassoio di pasticcini invitanti.
“Sono desolato. Non mi è stato possibile portarlo perché, come potrà capire, si tratta di un manufatto piuttosto delicato.”
“Lo avevo immaginato.”
“Ma ho con me una serie di foto in alta definizione. Saranno sufficienti per lo scopo della mia visita.”
“Bene. Mi ha parlato del fiore dello zafferano al telefono. Come la posso aiutare?”
Guglielmo, ricercatore del dipartimento di Storia dell’Università di Siena, stava conducendo un’indagine storica sulle antiche contrade soppresse che avevano corso il Palio di Siena nei secoli passati. Aveva circoscritto la sua ricerca attorno alla figura di Sigerio Pisani, un non meglio precisato pasticcere della contrada della Quercia. Costui era salito agli onori delle cronache cittadine per aver indovinato il vincitore del Palio di Siena per ben ventotto volte di fila.
“Le avevo accennato la storia di Sigerio Pisani, se ben ricorda. Vede, io sto effettuando alcune ricerche e mi sono imbattuto in questo manoscritto che pare essere stato scritto dallo stesso Pisani. Purtroppo non sono ancora del tutto certo. Ho disposto alcuni approfondimenti con colleghi linguisti e tuttora si stanno adoperando per eseguire traduzioni più precise…”
“Conosco la storia del Pisani” disse Giovanni.
Guglielmo rimase piacevolmente interdetto.
“Se non sbaglio” proseguì l’erborista “è stato tacciato di stregoneria.”
Guglielmo finì il caffè. Giovanni sembrava essere molto preparato sull’argomento.
“Bene. Vedo che si è documentato. Allora forse posso saltare subito al nocciolo della questione…”
“Proceda, sono felice di aiutarla.”

“Dunque. Il manoscritto che ho rinvenuto, che pare essere scritto dal Pisani, purtroppo è incompleto. Ho ragione di credere che sia suo perché vi ho trovato l’elenco preciso delle corse del Palio delle quali ha previsto il vincitore. Le date segnate sono inequivocabili. Come dicevo, però, il Pisani era un pasticcere e ciò che mi ha incuriosito nel suo manoscritto è stata la bozza di una ricetta. Mi sono chiesto per quale motivo tenere una ricetta tra gli elenchi delle corse, ma forse si tratta solo di disordine e…”
“Mi faccia indovinare” lo interruppe Giovanni. “E’ una ricetta erboristica? Mi ha chiesto notizie dello zafferano e vuole sapere quali sono le sue proprietà?”
“Non esattamente. Intendo dire: la ricetta sembra essere una ricetta di cucina. Una torta, per la precisione. In merito allo zafferano, invece ha colto nel segno. E’ citato lo zafferano tra gli ingredienti, anzi, a dire il vero…” Guglielmo frugò nello zaino che si era portato appresso e tirò fuori le fotografie della pagina del manoscritto. “C’è un disegno di un fiore. E’ piuttosto stilizzato ma mi pare evidente che si tratti di un fiore di zafferano.”
Giovanni osservò con attenzione la fotografia. Guglielmo ne approfittò per addentare un pasticcino. L’erborista si dilungò molto sul disegno ritratto nella fotografia, tanto che Guglielmo non esitò a mangiare un secondo pasticcino.
“Non è zafferano” sentenziò Giovanni. “E’ una fresia.”
“Fresia?”
“Mi scusi un attimo.”
L’erborista si alzò e sparì per un attimo tra i meandri della libreria. Tornò dopo pochi minuti con un libro aperto che teneva tra le mani.
“Ecco. E’ una fresia” disse appoggiando il libro accanto alla fotografia. “Come può vedere, il fiore è piuttosto simile ma osservandolo meglio ci sono delle differenze.”
“Be’, sicuramente il suo occhio è più esperto del mio” convenne Guglielmo.
“Mi dica della ricetta, invece. Ha svolto ricerche in merito?”
“A dire il vero, no. Ho provato a cercare in internet e sembra che quegli ingredienti, fatta eccezione per lo zafferano, pardon, per la fresia, siano gli ingredienti tipici di un dolce al formaggio. Credo che oggi lo si chiamerebbe cheesecake. Mi chiedevo però se la chiave di tutto non fosse la fresia. Una sorta di ingrediente segreto in grado di donare qualche facoltà particolare…” Guglielmo lasciò la frase in sospeso. Temeva di non essere preso sul serio. Ma era deciso ad approfondire ogni più piccolo dettaglio del manoscritto che aveva rinvenuto: era per questo motivo che si era messo in contatto con un erborista dalla comprovata serietà professionale. Giovanni non dava segno di ritenere insensata l’ipotesi di Guglielmo. Anzi, sembrava interessato più alla ricetta che al fiore. Poi, dopo alcuni minuti di silenzio che parvero interminabili, l’erborista si distese sulla poltrona come a voler raccogliere i pensieri.
“C’è stato un tempo in cui la fresia viola era il fiore più richiesto in Europa. Non si è mai chiesto il motivo?”

Guglielmo, per tutta risposta, rimase perplesso a quella domanda inaspettata. Di nuovo l’erborista si addentrò nella biblioteca per tornare questa volta con un libro voluminoso rilegato in pelle. Lo appoggiò sulle gambe con una certa riverenza e prese a sfogliare le pagine con pacata delicatezza, come se fossero di cristallo.
“Ecco qui: la fresia viola tropicale. Questo fiore ormai è estinto. Nel Cinquecento, come le dicevo, è stato uno dei fiori più richiesti e costosi d’Europa. In quanto storico, lei saprà meglio di me che in quell’epoca l’espansione coloniale aveva portato le potenze europee a inviare flotte in tutto il mondo. Molti frutti e molte spezie fecero la loro comparsa qui in Europa, non solo sulle tavole dei sovrani. Fu un’epoca d’oro per noi erboristi. Qui a Siena la nostra corporazione aveva contatti con mercanti olandesi che, per motivi vari, avevano focalizzato i loro interessi su erbe, spezie, fiori. Non a caso l’Olanda diventò poi la patria dei fiori. Molti di essi avevano proprietà strabilianti. E pur diventando ricercatissimi – e costosissimi – rimasero sconosciuti. Non per noi erboristi, s’intende. La fresia viola era uno di questi fiori. I mercanti olandesi si erano dati molto da fare per monopolizzarne il commercio. A quei tempi non passava giorno senza che nei porti d’Olanda almeno un galeone sbarcasse un carico del prezioso fiore. Arrivavano navigatori dalle mete più esotiche. Chi con fresie fresche, chi con fresie secche. Alcuni con i semi.”
Guglielmo ascoltava affascinato quel racconto.
“Forse lo avrà già scoperto nelle sue ricerche storiche” riprese Giovanni. “Il Pisani discendeva da una famiglia di mercanti che avevano intrecciato a lungo i loro traffici con mezza Europa. Però, per qualche oscuro motivo, costui decise di fare il pasticcere.”
“Proprio così. Un pasticcere…”
“Un mestiere piuttosto singolare. Non sapremo mai le ragioni di tale scelta. Così come non potremo mai sapere per quale motivo abbia deciso di utilizzare la fresia come ingrediente delle sue creazioni” concluse Giovanni.
Ma qual era il potere segreto della fresia? Guglielmo pendeva letteralmente dalle labbra dell’erborista.

“Ho motivo di credere che la fresia viola avesse dei poteri allucinogeni, come molte erbe oggi” proseguì Giovanni. “Purtroppo, come dicevo poco fa, quel fiore si è estinto. Esistono oggi molte varietà di fresie di diversi colori. Ma non sono altro che varietà ibride, nate da secoli di innesti e incroci che ne hanno determinato la perdita delle proprietà originarie.”
“Ma cosa intende di preciso per poteri allucinogeni?”
Giovanni abbozzò un sorriso.
“Ho detto allucinogeni ma in realtà il termine non è propriamente corretto. Il polline di fresia viola conteneva una sostanza molto simile alla psilocibina. E’ lo stesso principio attivo contenuto in molti funghi allucinogeni. Recenti studi neurologici hanno appurato che questa sostanza provoca un’espansione della mente.” Giovanni pronunciò con enfasi quelle parole: espansione della mente. “Le consiglio di consultare qualche neurobiologo per approfondire questo aspetto. Oggi ci sono nuove tecniche diagnostiche che trovo sorprendenti” aggiunse.
Guglielmo rimase ammirato da quell’uomo. Sembrava essere un autentico pozzo di scienza.
“Per tornare al Pisani, l’idea che mi sono fatto io è semplice. Quel dolce al formaggio che aveva ideato aggiungendo la fresia doveva averlo aiutato in qualche modo a prevedere gli eventi a brevissimo termine. Può sembrare un’idea assurda, me ne rendo conto. Ma è l’unica che avrebbe potuto spiegare la sua formidabile capacità di conoscere con un giorno di anticipo i vincitori del Palio di quell’epoca. E’ anche l’unica che spiegherebbe il motivo per cui il Pisani si era fatto una vasta clientela tra i banchieri dell’epoca. Non si è mai chiesto come mai proprio qui, in Toscana, nacque il concetto di banca? Improvvisamente, qui a Siena, tanti mercanti presero ad arricchirsi e a intuire gli affari giusti…” L’erborista si allungò a prendere la tazzina del caffè, ormai freddo. Le sue insinuazioni erano molto interessanti.
“Il Pisani” riprese l’erborista “fece la fortuna della sua famiglia di mercanti. Pensi l’ironia della sorte: un pasticcere che decreta il successo della sua famiglia di mercanti!” concluse sorridendo.
Guglielmo era affascinato da quegli scenari. Quell’incontro era stato molto proficuo.
“Conoscere gli eventi del giorno dopo. Sarebbe formidabile.” ribadì Giovanni appoggiando la tazzina vuota sul tavolino. “Peccato che una simile facoltà sarebbe anche un’ottima motivazione per essere perseguiti per stregoneria. Come saprà, mio caro Guglielmo, in quei secoli si finiva sul rogo per molto meno.”
Quel colloquio, così denso di spunti e curiosità storiche, proseguì per oltre due ore. Dopo aver preso gli ultimi appunti Guglielmo raccolse le sue fotografie e si congedò ringraziando sentitamente Giovanni, riconoscente per il tempo che gli era stato dedicato. L’erborista lo accompagnò attraverso la libreria e rimase fermo alla sommità delle scale, osservando il giovane storico abbandonare la caffetteria.

Il crepuscolo del tramonto cominciava a gettare le prime ombre tra le vie del centro storico. Il Piccolo Caffè dei Fiori era ormai deserto. L’erborista si avvicinò al camino della saletta principale della libreria. Osservando la legna pronta per ardere, si guardò intorno per assicurarsi di essere solo. Tornò a fissare il focolare e schioccò sonoramente le dita. Il fuoco divampò improvviso, come se non aspettasse altro che quel tacito comando.

 

(C) 2016 – Darius Tred

Nota dell’autore

Dovrei scrivere la solita frase del tipo “ogni riferimento è puramente casuale” eccetera, eccetera. Intendiamoci: i riferimenti sono casuali, confermo. Ma la frase non mi piace 😀 . Il racconto è frutto della mia fantasia ma non ho inventato proprio tutto.

La contrada della Quercia è una contrada di Siena realmente esistita. E’ stato soppressa nel 1729 dal cosiddetto Bando di Violante di Baviera, un documento che, tra le varie questioni, decretò la riorganizzazione cittadina accorpando alcune contrade.

La psilocibina, la sostanza allucinogena citata dall’erborista, esiste veramente ma solo in alcuni funghi. L’ho “inserita” nella fresia solo per reggere il mio breve intreccio.

La fresia viola, contrariamente a quanto detto dall’erborista, non è affatto estinta. Ma ha realmente origini esotiche: pare infatti essere originaria dell’Africa Meridionale. Come tutti i fiori, ha un significato che però non ho approfondito per la stesura del mio racconto: nel nord dell’Europa la fresia è associata al ricordo, mentre nel sud Europa è associata al mistero.

Proprio ispirato dalla fresia, ho deciso di ammantare di mistero la figura di Giovanni, l’erborista che accende il fuoco con lo schiocco delle dita… Lascio che la fantasia di ogni lettore gli associ le identità più disparate, così che il divertimento possa continuare oltre la lettura. Magari un giorno ci scriverò sopra altri racconti.

E il Piccolo Caffè dei Fiori? Spero proprio che sia piaciuto come ambientazione…
 

Darius Tred - Tutti i racconti Darius Tred - Offrimi un caffé

14 commenti su “L’erborista di Siena

  1. Tu pensa che quando abbiamo messo il limite delle 8.000 battute già sembravano troppe! Che poi non partecipa nessuno. E tu pure le superi! Vediamo che dicono i giudici.
    Fosse per me!
    …ma neanche limando gli avverbi, gli spazi, le virgole??? 😀

    1. Non sono bravo a scrivere contando le parole… 😛 . Quindi mi sono detto: scrivo a briglia sciolta, limo, aggiusto, ricamo, taglio senza sacrificare troppo. E poi vedo.

      Se non sfondo, bene.
      Se sfondo di poco (cioè 8500, 9000) vedo di riscrivere qualche pezzo cercando di accorciare.
      Se arrivo troppo oltre non partecipo, pubblico il racconto e basta.

      Sono arrivato a 13370… 🙁
      Ho concluso senza più contare.

      Vabbé… L’importante è partecipare, mica vincere. 😉

  2. Mi è piaciuto molto. Bravo Darius. Per me sei arrivato in porto alla grande! È un peccato che tu abbia rinunciato a partecipare al contest (ma sei ancora in tempo, fossi in te ci penserei!). 🙂

    1. Grazie mille, Marina. 😉

      Mah, che dire. Io non ho rinunciato a partecipare: sono solo consapevole di aver sfondato alla grande il limite imposto e quindi passibile di squalifica. 😛

      Mi rimetto alla festeggiata, la quale si rimette ai giudici, i quali si rimettono a… sé stessi.
      Decideranno loro se tenermi in gara e/o se leggermi.

      Come dicevo poco sopra, l’importante è partecipare, no?
      Io scribacchino mi sono divertito. Spero si divertirà anche chi passerà a leggere.

  3. Ritorno con quanto hanno stabilito i giudici: le regole sono regole e se cominciamo con le eccezioni non lo finiamo più questo contest. Mi dicono che il racconto è bello, che è un peccato non ammetterlo, ma mi dicono anche (e sebbene io ci sia stata, non me lo ricordo) che c’è un bravissimo barbiere vicino al caffè Nannini, proprio lì nel vicolo accanto, dove fanno dei bellissimi tagli! Quindi potresti dalle 13mila battute riportarti alle 8mila. Potrebbe essere anche un esercizio interessante, chiedi a Salvatore Anfuso che aveva “tagliuzzato” per bene un racconto di Silvia Algerino 😉
    Poi, a parte il numero battute, non ti abbiamo nemmeno trovato nella lista degli iscritti alla newsletter (altro requisito, che ha già sollevato polemiche…): con che mail ti sei iscritto? Basta che tu sia iscritto per il periodo del contest, poi puoi anche disiscriverti… ma attento agli alieni di Focus! 😀 😀 😀

    1. Mi sono iscritto alla newsletter! (solo ora… 😛 )

      Convengo che hanno ragione i giudici: le regole sono regole, altrimenti è finita!
      Quanto al tagliuzzare… ho paura di Salvatore: lui tagliuzza i selfari prima ancora dei loro racconti.
      😀 😀 😀

      P.S.: Ogni volta che guardo Focus mi vieni in mente tu… 😀 . L’altra sera, poi, c’era “Alieni: nuove rivelazioni” (che sembrano sempre le stesse… ;-P)

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